ARIE DI CASA MIA
Vanne o rosa fortunata
Le composizioni da camera di Vincenzo Bellini
Le due “ariette” Vanne, o rosa fortunata e Vaga luna, che inargenti fanno parte di una raccolta di quindici composizioni per pianoforte e voce scritte dal Bellini intorno al 1820, quando si trovava tra Napoli e Milano, prima della sua partenza per Parigi. Esse furono pubblicate postume dalla Casa editrice milanese Ricordi nel 1935, in occasione del centenario della morte del grande compositore.
Queste incantevoli “canzonette”, ispirate da influssi folkloristici della nativa Sicilia, sono composte su testi di autori anonimi; esse si presentano con stile estremamente semplice e sobrio, in contrasto con la “gravitas” emozionale e melodrammatica della più tipica produzione operistica belliniana e, più in generale, ottocentesca.
VINCENZO BELLINI
Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini nasce a Catania il 3 novembre 1801.
Sin da piccolo mostra una spiccata predilezione per la musica. Del resto, l’aveva nel sangue: il padre, Rosario, era un apprezzato musicista, ed anche suo nonno, don Vincenzo Tobia, era Maestro di Cappella del principe di Biscari. Fu proprio il nonno Tobia ad impartirgli le prime lezioni di musica e a farlo esibire nei salotti dell’aristocrazia catanese sì da renderlo ben presto noto in tutta la città quale promettente e precoce talento che già all’età di sei anni aveva scritto la sua prima composizione dal titolo Gallus cantavit
Con una borsa di studio di 459 lire, accordatagli dal Decurionato di Catania, va a studiare presso il Conservatorio S. Sebastiano di Napoli (1819) ove annovera tra i suoi maestri Nicola Antonio Zingarelli, che lo indirizza verso il melodramma di scuola napoletana e le opere strumentali di Franz Joseph Haydn e Wolfgang Amadeus Mozart.
Tra le sue prime composizioni, in questo periodo, vi sono opere di musica sacra, alcune sinfonie ed arie per voce e orchestra, tra cui la celebre "Dolente immagine", oggi nota per i successivi adattamenti per voce e pianoforte.
Nel 1825 presenta nel teatrino del conservatorio "Adelson e Salvini" la sua prima opera - lavoro finale del corso di composizione. Solo un anno dopo con "Bianca e Fernando" arriva il primo grande e inaspettato successo. Per non mancare di rispetto al principe Ferdinando di Borbone, la composizione va in scena al teatro San Carlo di Napoli con il titolo modificato in "Bianca e Gernando".
Nel 1827 gli viene commissionata un'opera da rappresentare al Teatro alla Scala di Milano, per cui lascia Napoli e anche Maddalena Fumaroli, la ragazza di cui è innamorato ma che non aveva potuto sposare a causa dell'opposizione del padre.
A Milano vanno in scena "Il pirata" (1827) e "La straniera" (1829) ottenendo clamorosi successi; nelle pagine della stampa milanese dell'epoca si può apprezzare come Bellini fosse considerato l'unico operista italiano con uno spiccato stile personale in grado di tener testa a quello di Gioacchino Rossini.
Nel 1829 viene rappresentata a Parma "Zaira", opera che ottiene meno fortuna in quanto sembra che lo stile di Bellini si adattasse poco ai gusti del tradizionalista pubblico di provincia. Delle opere successive le più riuscite sono quelle scritte per il pubblico di Milano: "La sonnambula" (1831), "Norma" (1831) e "Parigi" (I puritani - 1835).
Nello stesso periodo compone anche due opere per il teatro La Fenice di Venezia: "I Capuleti e i Montecchi" (1830), per i quali adatta parte della musica scritta per "Zaira", e la poco fortunata "Beatrice di Tenda" (1833).
La svolta decisiva nella sua carriera come nella sua evoluzione artistica coincide con il suo trasferimento a Parigi. Qui Vincenzo Bellini entra in contatto con alcuni dei più grandi compositori d'Europa, tra cui Fryderyk Chopin.
A Parigi compone numerose romanze da camera di grande interesse, alcune delle quali in francese. E' ormai maturo e pronto per comporre un'opera in francese per il Teatro dell'Opéra di Parigi, ma purtroppo la carriera e la sua vita vengono stroncate, alla giovane età di 33 anni, da un'infezione intestinale probabilmente contratta qualche anno prima.
Vincenzo Bellini viene sepolto vicino a Chopin e Cherubini nel cimitero Père Lachaise, dove la salma rimarrà per oltre quarant'anni, fino al 1876, quando verrà portata nel Duomo di Catania.
A partire dal 1985 fino all'entrata in vigore dell'Euro, la banconota italiana da 5.000 Lire ha mostrato la raffigurazione del volto di Vincenzo Bellini.
Bellini, il melodico
La personalità artistica del Bellini difficilmente si lascia inquadrare entro le categorie storiografiche “classiche”: dotato di una prodigiosa vena melodica, l’artista, pur nella sua breve vita, cesellò melodie della più limpida bellezza, in grado di creare, meglio di qualunque altro, un'aura di magia che rasenta il divino.
Legato ad una concezione musicale antica, basata sul primato del canto, il musicista catanese portò prima a Milano e poi a Parigi un'eco di quella cultura mediterranea che l'Europa romantica aveva idealizzato nel mito della classicità. Il giovane Wagner ne fu tanto abbagliato da ambientare proprio in Sicilia la sua seconda opera, Il divieto d'amare (ispirata alla commedia di Shakespeare, Misura per misura), additando la chiarezza del canto belliniano a modello per gli operisti tedeschi e tentando a sua volta di porsi sulla sua scia.
All'interno di una sorta di Bellini renaissance, la musica del compositore catanese ha attirato nel XX secolo l'attenzione di diversi compositori d'avanguardia, come Bruno Maderna e Luigi Nono, che l'hanno riletta al di fuori delle categorie operistiche, concentrando l'attenzione su una particolare concezione del suono, della voce e dei silenzi, le cui radici affonderebbero nella musica della Grecia antica e dell'area del Mar Mediterraneo piuttosto che nella moderna tradizione musicale europea.
"Vanne, o rosa fortunata"
di anonimo
(Voce: Renata Tebaldi)
Vanne, o rosa fortunata,
a posar di Nice in petto
ed ognun sarà costretto
la tua sorte invidiar.
Oh, se in te potessi anch'io
transformarmi un sol momento;
non avria più bel contento
questo core a sospirar.
Ma tu inchini dispettosa,
bella rosa impallidita,
la tua fronte scolorita
dallo sdegno e dal dolor.
Bella rosa, è destinata
ad entrambi un'ugual sorte;
là trovar dobbiam la morte,
tu d'invidia ed io d'amor.
Le Arie
Caro mio ben
Se tu m'ami
Nel cor più non mi sento
Il mio ben quando verrà
Vanne o rosa fortunata
Vaga luna che inargenti
Come un bel dì di maggio
Io sono l'umile ancella
Mattinata
Vesti la giubba
Core 'ngrato
Era de' maggio
Torna maggio
Na sera 'e maggio