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Soffrire in versi: parole eterne, cori di tempi passati da Autori Mediterranei

VINCENZO CARDARELLI

Non so dove i gabbiani trovino pace

In: Opere, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1981



Non so dove i gabbiani trovino pace

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina:
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.

 

 

 

Biografia 


Vincenzo Cardarelli, il cui vero nome era Nazzareno Caldarelli, nasce a Corneto Tarquinia (l’attuale Tarquinia, in provincia di Viterbo), nel 1887. Figlio illegittimo, compie studi irregolari, da autodidatta: suoi costanti punti di riferimento saranno Leopardi, Baudelaire, Nietzsche, Pascal.

A diciassette anni fugge di casa e si trasferisce a Roma. Nel 1906, dopo una lunga gavetta come correttore di bozze, diviene redattore del quotidiano “Avanti!”, iniziando una multiforme carriera giornalistica. Durante la prima guerra mondiale si reca in Toscana, Veneto e Lombardia. Dopo il conflitto rientra a Roma e con altri intellettuali fonda nel 1919 la rivista letteraria “La Ronda”, che si propone di conciliare classicismo e modernità, propugnando un ideale dell’arte come disciplina:


«La poesia profonda – afferma Cardarelli stesso nel manifesto programmatico – è poesia meditata: solo un lungo raccoglimento e un aspro sforzo interiore precedono e preparano la nascite di opere durature». Poeta di integrale e intransigente classicismo leopardiano, Cardarelli è ricordato per numerose liriche e prose autobiografiche. La prima e forse migliore raccolta di versi è “Prologhi” (1916), cui fanno seguito “Viaggi nel tempo” (1920), “Favole della genesi” (1924), “Terra genitrice” (1925), “Il sole a picco” (1929) e “Parole all’orecchio” (1930), che raccoglie le pagine scritte per “La ronda”, poi ristampate in “Parliamo all’Italia” (1931).

Le ultime opere escono nel secondo dopoguerra: “Lettere non spedite” (1947), “Villa Tarantola” (1948) e le impressioni di “Viaggio di un poeta in Russia”, che rielaborano ricordi del 1928.
Cardarelli muore a Roma nel 1959, povero e dimenticato: fu e volle essere sempre un solitario, senza legami sentimentali, senza famiglia, senza neppure una casa. Non ebbe incarichi universitari, non fondò scuole: e rimase un “solitario in Arcadia”, come afferma il titolo di un suo libro del 1947.

 


 


Simonide

Il lamento di Danae

(Traduzione di Salvatore Quasimodo)



Mimnermo


Noi siamo come foglie

(Traduzione di Gennaro Perrotta)


Paolo Silenziario

Stavo per dirti Addio

(Traduzione di Salvatore Quasimodo)


Giacomo Leopardi


La sera del dì di festa


Vincenzo Cardarelli


Non so dove i gabbiani trovino pace


Angelo Maria Ripellino

Dove ci incontreremo dopo la morte?


Giuseppe Ungaretti

Veglia notturna di un soldato

Alda Merini

Ieri ho sofferto il dolore


Giuseppe Lauriello

A una figlia d'Africa


 

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