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Duetto: “Fra gli amplessi in pochi istanti”
Perché si compiano le diaboliche previsioni di don Alfonso manca ancora una capitolazione: quella di Fiordiligi. In questo duetto Mozart celebra il suo tracollo. Fiordiligi cerca in se stessa la forza per non cedere, ma quando ode la voce di Ferrando abbassa ogni difesa. Le sue richieste di aiuto divino si tingono di una forza sensuale sconcertante, svelandoci la donna piena di passione che è nascosta dentro Fiordiligi. L’abbandono totale della giovane tra le braccia del seduttore avviene dopo una frase di Ferrando, incredibilmente tenera, sostenuta dalla presenza dell’oboe (associato qui al cinismo di don Alfonso): “Volgi a me pietoso il ciglio…”. Fiordiligi cede tremando e Mozart descrive questo momento in modo straordinario, attribuendo al soprano una frase che definisce splendidamente il suo languido abbandono (“Giusto ciel! Crudel! Hai vinto!”).
FIORDILIGI
Fra gli amplessi in pochi istanti
Giungerò del fido sposo;
Sconosciuta a lui davanti
In quest'abito verrò.
Oh, che gioia il suo bel core
Proverà nel ravvisarmi!
FERRANDO
Ed intanto di dolore
Meschinello io mi morrò.
FIORDILIGI
Cosa veggio? Son tradita!
Deh, partite!
FERRANDO
Ah no, mia vita!
Con quel ferro di tua mano
Questo cor tu ferirai,
E se forza, oh Dio, non hai,
Io la man ti reggerò.
(Prende la spada dal tavolino, la sfodera.)
FIORDILIGI
Taci, ahimè! Son abbastanza
Tormentata ed infelice!
Ah, che omai la mia costanza
A quei sguardi, a quel che dice,
Incomincia a vacillar!
FERRANDO
Ah, che omai la sua costanza
A quei sguardi, a quel che dice,
Incomincia a vacillar.
FIORDILIGI
Sorgi, sorgi!
FERRANDO
Invan lo credi.
FIORDILIGI
Per pietà, da me che chiedi?
FERRANDO
Il tuo cor o la mia morte.
FIORDILIGI
Ah, non son, non son più forte!
FERRANDO
(le prende la mano e gliela bacia)
Cedi, cara!
FIORDILIGI
Dei, consiglio!
FERRANDO
(tenerissimamente)
Volgi a me pietoso il ciglio:
In me sol trovar tu puoi
Sposo, amante e più, se vuoi;
Idol mio, più non tardar.
FIORDILIGI
(tremando)
Giusto ciel! Crudel, hai vinto;
Fa' di me quel che ti par.
(Don Alfonso trattiene Guilelmo che vorrebbe uscire.)
Abbracciamci, o caro bene,
E un conforto a tante pene
Sia languir di dolce affetto,
Di diletto
Sospirar!
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