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Alla corte d' 'o Rre



Al Teatrino di Corte attraverso il monumentale Scalone d'onore

Il Teatrino di Corte
Il Teatrino di Corte ha sede nella Gran Sala del Palazzo Reale di Napoli, il cui progetto originale del 1702, opera dell’architetto Domenico Fontana, non prevedeva un teatro. Quella che inizialmente doveva essere una sala destinata a feste e ricevimenti fu ben presto adibita alla rappresentazione di opere teatrali – soprattutto del genere “buffo”, sviluppatosi a Napoli nella prima metà del Settecento – e ospitò i lavori di compositori come Giovanni Paisiello, Domenico Cimarosa e Niccolò Piccinni.
Il Teatrino di Corte assunse l’aspetto attuale di un vero e proprio teatro nel 1768, con le ricche decorazioni, il palcoscenico e la balaustra impreziosita da maschere dorate e fregi, con al centro il palco reale. I lavori, voluti da Ferdinando IV di Borbone in occasione delle sue nozze con Maria Carolina d’Asburgo, furono diretti da Ferdinando Fuga; l’inaugurazione si svolse con la rappresentazione del Peleo e Teti di Giovanni Paisiello. Il declino ebbe inizio alcuni anni dopo, quando la famiglia reale iniziò a frequentare i teatri pubblici. Oggi è di nuovo sede di spettacoli e conferenze.
Con le sue decorazioni in gesso, cartapesta e stucchi dorati, il Teatrino di Corte è un piccolo gioiello settecentesco e uno dei tanti simboli della dinastia borbonica a Napoli, anche dopo la sostituzione, sotto la volta del palco, del giglio araldico con lo stemma sabaudo, in seguito all’Unità d’Italia.  Tuttora presenti le originarie dodici statue in cartapesta dello scultore Angelo Viva, che riproducono Apollo, Minerva, Mercurio e le nove Muse, e la decorazione settecentesca delle pareti, con nicchie e lesene ornate da capitelli dorati e mensole. Il tema scelto per l’affresco centrale della volta, Le nozze di Poseidone e Anfitrite, evoca in chiave allegorica l’unione dei sovrani attraverso lo sposalizio tra il dio del mare, fratello di Zeus, e Anfitrite, una delle cinquanta Nereidi che facevano parte del corteo di Poseidone. Il dipinto originario di Antonio Dominici fu distrutto dai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale, quello attuale è una riproduzione di Francesco Galante, realizzata durante i lavori di ristrutturazione avviati nel 1950. Sempre durante il restauro postbellico, Vincenzo Ciardo eseguì le Vedute bucoliche sulle specchiature laterali, Alberto Chiancone i tondi con Paesaggi e le Allegorie Mitologiche, mentre Cesare Maria Cristini fu autore della serie di Putti musicanti che sostituirono quelli settecenteschi di Gaetano Magri. Un grande sipario di velluto per il palcoscenico e tutte le rifiniture necessarie completarono i lavori di ripristino per restituire il Teatrino all’antico splendore.
Negli ultimi anni il Teatrino di Corte è stato nuovamente sottoposto a un lungo e accurato restauro, per intervenire ancora sui danni causati dai bombardamenti alla copertura della sala. Sono stati inoltre recuperati vari elementi decorativi, grazie alle esigue tracce originarie, e ripristinati alcuni apparati scenici d’epoca, come la pedana girevole e due quinte mobili.

Lo Scalone d’onore
Al Teatrino di Corte si accede attraverso il monumentale Scalone d’onore, progettato da Francesco Antonio Picchiatti nel 1651.
L’aspetto attuale si deve all’architetto Gaetano Genovese, che tra il 1838 e il 1858 vi apportò importanti modifiche secondo il gusto tardo neoclassico, nell’àmbito di un più vasto progetto di rifacimento e ampliamento della reggia, voluto da Ferdinando II in seguito al violento incendio del 1837. Le grandi vetrate inserite dal Genovese conferiscono straordinaria luminosità e imponenza al trionfo di marmi policromi, bassorilievi e gessi che decorano questa meraviglia architettonica. L'atrio è rivestito con marmi rosati di Mondragone, Portovenere, Vitulano e di Sicilia a cui si alternano bassorilievi allegorici in marmo bianco, ornati con trofei militari; stucchi bianchi su fondo grigio, raffiguranti stemmi araldici, decorano la volta. Lo Scalone è in marmo bianco e presenta un “invito” centrale a cascata che si apre su due rampe simmetriche. Sulla ricca balaustra, in marmo bianco interamente traforato, poggiano due lampioni ottocenteschi in ghisa realizzati nella Fabbrica Reale di Pietrarsa.
Dallo Scalone si accede a un lungo corridoio di disimpegno, l’Ambulacro, riparato da vetrate ottocentesche, con volte decorate da eleganti stucchi; il luminosissimo loggiato è oggi sede principale di mostre.

 



 



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