Parole chiave:
emicrania, cronicizzazione, fisiopatologia, terapia.
Introduzione e cenni
classificativi
Le cefalee croniche
costituiscono un capitolo eterogeneo che ha stimolato da
sempre un vivace dibattito scientifico, particolarmente per le
forme di tipo emicranico. In tali forme è esperienza clinica
comune che vi può essere una sovrapposizione clinica di crisi
emicraniche e tensive come in passato indicato chiaramente con
la terminologia di cefalea mista.
La cefalea mista o cefalea
tensivo-vascolare o combinata presenta appunto crisi
emicraniche miste a cefalea tensiva ed è caratterizzata [1] dai
seguenti aspetti clinici:
1) una cefalea tensiva cronica
quotidiana;
2) crisi invalidanti di
emicrania;
3) una aumentata suscettibilità
a sviluppare dipendenza da analgesici.
Secondo Diamond [1] questi
pazienti soffrono di una emicrania associata a depressione (Fig
1).
Fig. 1
Combinazione di emicrania e
depressione nella cefalea di tipo misto
E’ altrettanta evidenza clinica
quotidiana che talora l’emicrania cronicizzata costituisce
spesso il destino di emicranie non o mal trattate che, col
passare degli anni, sviluppano una cefalea cronica tra gli
attacchi di emicrania oppure una cefalea continua che
sostituisce gli attacchi. Da ciò la terminologia di "emicrania
con cefalea intervallare" [ 2, 3, ] ed "emicrania trasformata"
[ 4, 5, ] (Tab. I).
Tab. I
Criteri diagnostici proposti per l`evoluzione
dell`emicrania (Manzoni et al., 1995).
1.7.1 EMICRANIA
CON CEFALEA INTERVALLARE
A. Attacchi ricorenti di emicrania senz`aura
(criteri per 1.1 soddisfatti)
B. Presenza di cefalea intervallare per almeno 15
gg/mese per almeno 1 anno
C. La cefalea all`esordio era un`emicrania
senz`aura (criteri per 1.1 soddisfatti)
o un`emicrania con aura
(criteri per 1.1 soddisfatti)
1.7.1.1 Emicrania con cefalea intervallare
soddisfacente i criteri per la CTTC
A. Soddisfa i criteri per 1.7.1
B. La cefalea intevallare soddisfa i criteri per
2.2
1.7.1.2 Emicrania con cefalea intervallare non
soddisfacente i criteri per la CTTC
A. Soddisfa i criteri per 1.7.1
B. La cefalea intervallare non soddisfa i criteri
per 2.2
1.7.2 EMICRANIA
CRONICA
A. Soddisfa i criteri per 1.7.1
B. Cefalea per almeno 6 gg/sett. per almeno
1 anno
Nessuno di questi quadri clinici
però ha trovato spazio nella classificazione IHS del 1988 in
quanto basati su un parametro strettamente legato
all’evoluzione dell’emicrania nel tempo e quindi applicabili
solo ai pazienti in grado di riferire con assoluta precisione la
storia della loro malattia. Il dibattito scientifico su questi
temi ha poi portato ad una prima sistematizzazione accolta nel
sistema tassonomico classificativo di riferimento della
International Headache Society nel 2004 (ICDH-2) [8],
schematizzato nella Tab. II.
A.Cefalea (di tipo tensivo e/o
emicrania) per >15 gg/mese da > 3 mesi
B.Non attribuita ad altra condizione
o patologia*&
*L’anamnesi, l’esame obiettivo generale e
neurologico non suggeriscono alcuna condizione o patologia
elencata nei gruppi 5-12, oppure l’anamnesi e/o esame obiettivo
generale e/o l’esame obiettivo neurologico ne suggeriscono la
presenza, m questa viene esclusa da appropriate indagini
strumentali, oppure ancora la condizione o la patologia è
presente, ma gli attacchi di cefalea non si manifestano per la
prima volta in stretta relazione temporale con essa.
&In presenza di un uso eccessivo di farmaci che
soddisfi il criterio B per una delle sottoforme di 8.2 Cefalea
da uso eccessivo di farmaci, è necessario attendere 2 mesi prima
di poter verificare che la sospensione dei farmaci in questione
non induca un miglioramento della cefalea come 1.5.1 Emicrania
cronica
La
classificazione ICDH-2 però è risultata di difficile
applicazione in campo clinico perché le caratteristiche degli
attacchi nelle emicranie croniche non rispettano i rigidi
criteri della classificazione per l’emicrania senza aura come
abbiamo già finora sottolineato e quindi è risultato necessario
ricorrere a sistemi diagnostici multipli. Sono stati perciò
proposti dei criteri più aderenti alla pratica clinica (tab. III)
come riportato in questa revisione della classificazione del
2004 (ICDH-2R) pubblicata nel 2006.
C.Cefalea (di tipo tensivo e/o
emicrania) per >15 gg/mese da almeno 3 mesi*
D.Si manifesta in un paziente che ha
auto almeno 5 attacchi che soddisfino i criteri per 1.1.
Emicrania senza aura
E.Per < 8 gg al mese per almeno 3
mesi la cefalea ha soddisfatto i criteri C1 e/o C2 ovvero ha
soddisfatto i criteri per il dolore e i sintomi associati
dell’emicrania senz’aura
1.La cefalea presenta almeno 2 dei
seguenti criteri:
a.Localizzazione unilaterale
b.Tipo pulsante
c.Intensità del dolore moderata o
severa
d.Aggravata da, o che limiti, le
attività fisiche di routine (ad es. camminare, salire le scale)
e.Alla cefalea si associa almeno una
delle seguenti condizioni:
a.Nausea e/o vomito
b.Fotofobia e fonofobia
2.Trattata efficacemente da triptani
o ergotaminici prima della comparsa attesa dei sintomi riportati
al punto C1
F.Assenza di uso eccessivo di farmaci
e non attribuita ad altra condizione o patologia**
*la caratterizzazione delle cefalee ricorrenti a elevata
frequenza richiede generalmente di registrare le informazioni
sul dolore e sintomi associati in un diario giornaliero per
almeno un mese
&Uso eccessivo di farmaci così come definito al punto 8.2
Cefalea da uso eccessivo di farmaci
**L’anamnesi, l’esame obiettivo generale e neurologico non
suggeriscono alcuna condizione o patologia elencata nei gruppi
5-12, oppure l’anamnesi e/o esame obiettivo generale e/o l’esame
obiettivo neurologico ne suggeriscono la presenza, m questa
viene esclusa da appropriate indagini strumentali, oppure ancora
la condizione o la patologia è presente, ma gli attacchi di
cefalea non si manifestano per la prima volta in stretta
relazione temporale con essa.
&In presenza di un uso eccessivo di farmaci che soddisfi il
criterio B per una delle sottoforme di 8.2 Cefalea da uso
eccessivo di farmaci, è necessario attendere 2 mesi prima di
poter verificare che la sospensione dei farmaci in questione non
induca un miglioramento della cefalea come 1.5.1 Emicrania
cronica
Uno studio di Sinisi e coll. ha verificato l’utilità di questi
nuovi criteri ed ha ottenuto che su 158 pazienti con diagnosi di
emicrania trasformata (criteri di Silberstein 1996) il 92.4%
soddisfaceva i criteri ICDH-2R rispetto al solo 5.6% dei criteri
ICDH-2
A questo
punto devono essere riportate alcune considerazioni [6] per
tutti i pazienti che dopo diversi
anni di emicrania senza aura vedono la loro cefalea evolvere da
una forma episodica in una forma con attacchi quasi quotidiani.
Essi oltre a modifiche del pattern temporale della loro
cefalea, sperimentano quasi sempre anche: (1) modificazioni di
alcuni aspetti clinici, come la localizzazione del dolore e i
sintomi di accompagnamento; (2) l'abuso di farmaci sintomatici
e (3) l’associazione di depressione. L’interferenza dell’abuso
dei farmaci d’attacco e della depressione con conseguente
modifica delle caratteristiche fenotipiche della cefalea rende
oltremodo difficile consentire una categorizzazione dettagliata
clinica e quindi una accurata classificazione.
La
classificazione IHS del 1988 e del 2004 ha utilizzato un
criterio classificativo basato sul rilievo delle caratteristiche
dell’attacco e non delle malattie e/o dei pazienti, criterio che
non può valere per quella emicrania che negli anni cambia, si
trasforma perché in tal caso è la storia del paziente il dato
più significativo, solo in parte risolto con l’introduzione
della emicrania cronica nel 2004 e con la proposta di revisione
del 2006.
Occorrono
quindi ulteriori studi per definire meglio tali situazioni e
vanno fatte alcune considerazioni [6]:
1. Una classificazione basata sui criteri dell’ ICDH-2 è poco
adatta alle cefalee croniche. D'altra parte, ci sono buone
classificazioni delle cefalee croniche quotidiane che prendono
in considerazione i pazienti affetti più che i sottotipi di mal
di testa di cui soffrono.
2. Il termine emicrania cronica sembra ambiguo ed impreciso.
Olesen stesso, in una lettera a Cephalalgia, ha criticato l’uso
dell'aggettivo cronica che viene utilizzato con tre significati
diversi nella ICDH-2. Il termine emicrania trasformata è
certamente da preferire.
3. Il periodo di 3 mesi per le forme croniche, generalmente
preso come riferimento fino ad ora, sembra troppo corto e
comporta il rischio intrinseco di considerare l’emicrania
trasformata o la cefalea cronica quotidiana come un
peggioramento transitorio di una emicrania precedente, per cui
un periodo di 1 anno sembra più appropriato.
4. Lo stesso vale per l'altro parametro temporale 15 giorni
/mese o più, che sembra una semplificazione eccessiva e potrebbe
meglio essere specificato con 20 giorni / mese o più, con la
clausola che non vi potranno mai essere più di cinque giorni
consecutivi liberi da cefalea.
Un discorso a parte va fatto per le cefalee da abuso. Dalla
classificazione IHS alla ICDH-2 e poi alla ICDH-2R, la questione
è diventata sempre più confusa. L'aggiunta dei triptani,
l'aggiunta di un uso eccessivo di qualsiasi combinazione di
farmaci sintomatici senza l'abuso di una singola classe,
l’aggiunta del limite di 10 giorni / mese per alcuni farmaci e
di 15 gg/mese per altri farmaci, l’aggiunta e quindi la
rimozione del criterio che il miglioramento è richiesto entro 2
mesi (!) dalla sospensione del farmaco, l'aggiunta e poi la
rimozione della descrizione delle caratteristiche di alcuni mal
di testa per alcuni tipi di uso eccessivo .... tutti questi
cambiamenti indicano chiaramente che siamo ancora lontani dal
conoscere bene questo argomento. Come è attualmente classificata
nella ICHD-2 o proposta nella ICDH-2R, la cefalea da abuso oggi
appare come una entità in gran parte arbitraria. La sua stessa
esistenza appare discutibile per alcuni sottotipi. Gli unici
dati certi che abbiamo sono quelli su ergotamina, caffeina e
farmaci combinati tra cui barbiturici, codeina, proclorperazina.
Forse, sarebbe meglio avere un approccio più prudente,
rimuovendo in tutto o in parte la cefalea da abuso
dall'Appendice.
A tal fine
recentemente Manzoni et al (tab IV) [6] hanno proposto una più
realistica e semplice classificazione basata sulle seguenti
principali osservazioni:
Differenziazione dell’
emicrania senza aura in base alla frequenza degli attacchi,
con l'aggiunta di un secondo livello di cifre
Introduzione di
precisi parametri temporali tra i criteri diagnostici per i
tre sottotipi di emicrania senza aura (poco frequenti,
frequenti e molto frequente) .
L'inclusione
dell’emicrania trasformata tra le complicanze
dell'emicrania; questa voce deve essere codificata per la
sostituzione di emicrania cronica con trasformata al livello
1.5.1 e l'unico criterio diagnostico che ha bisogno di
essere cambiato rispetto a quelli già elencati nel IICHD-2R
è il pattern temporale (>20 gg/mese per > 1 anno e non più
di 5gg/mese consecutivi liberi da cefalea).
Differenziazione al
quarto livello dell’emicrania trasformata sulla presenza o
assenza di abuso di farmaci sintomatici (ad es. uso per più
di 20 gg/mese) indipendentemente dal fatto che l’abuso possa
giocare un ruolo nel peggioramento della cefalea.
Commutazione della
cefalea da abuso dall’appendice con altri criteri
diagnostici da definire.
Tab. IV
Proposta di revisione della ICHD-2 per l'emicrania
1.1 Emicrania senza aura 1.1.1 Emicrania senza aura Rara 1.1.2 Emicrania senza aura Frequente 1.1.3 Molto frequente emicrania senza
aura 1.1.3.1 con uso eccessivo di farmaci 1.1.3.2 senza uso eccessivo di farmaci 1.5 Complicanze dell'emicrania 1.5.1 Emicrania trasformata 1.5.1.1 con uso eccessivo di farmaci 1.5.1.2 senza uso eccessivo di farmaci
1.1.1. Rara emicrania senza aura Criteri diagnostici: A. Cefalea che soddisfi i criteri C e D
per 1.1 Emicrania senza aura per <3gg / mese per > 3 mesi B. Non attribuita ad altra condizione o
patologia
1.1.2. Frequente emicrania senza aura Criteri diagnostici: A. Cefalea che soddisfi i criteri C e D
per 1.1 Emicrania senza aura per >3gg ma <10 ggg al mese per
>3 mesi B. Non attribuita ad altra condizione o
patologia
1.1.3. Molto frequente emicrania senza aura Criteri diagnostici: A. Cefalea che soddisfi i criteri C e D
per 1.1 Emicrania senza aura, per >10 gg ma <20gg al mese
per >3 mesi B. Non attribuita ad altra condizione o
patologia
1.5.1. Emicrania trasformata Criteri diagnostici: A. cefalea (di tipo tensivo e / o
emicrania) per >20 giorni / mese per >1 anno e mai con più di
cinque giorni consecutivi senza mal di testa B. Si verifica in un paziente che ha
avuto almeno cinque attacchi che soddisfino i criteri per 1.1
Emicrania senza aura C. Per >10 giorni al mese, per >1 anno
che soddisfi i criteri per il dolore e sintomi associati di
emicrania senza aura, o il paziente è stato trattato con
successo con un ergot o un triptano D. Non attribuita ad altra condizione o
patologia
Ovviamente
non ci sono in Letteratura molti studi sulla prevalenza
dell’emicrania cronica come classificata dalla ICDH-2 e pertanto
i dati disponibili sono riferiti alle cefalee croniche ed
all’emicrania trasformata con una maggiore incidenza, anzi quasi
esclusiva, nel sesso femminile. La stima quantitativa varia dal
25 al 50 % dei casi di cefalea cronica. Bigal riporta una
prevalenza negli USA di tale forma del 2%.
Sintomatologia
In tale forma
di cefalea nel tempo si perde la caratteristica episodicità
delle crisi con un progressivo aumento degli attacchi, riduzione
della intensità e si realizza un quadro finale di un dolore
quasi giornaliero sul quale si inscrivono talora episodi di
cefalea emicranica. In pratica si evidenziano dei cambiamenti
dell’espressione fenotipica degli attacchi che talora sono
difficilmente distinguibili dalla cefalea tensiva. La modalità
di presentazione più frequente è costituita da un dolore
moderato, prevalentemente fronto-temporale, gravativo,
bilaterale, con nausea, foto/fono/osmofobia lieve e durata
maggiore di 4 ore [7]. I fattori scatenanti dell’emicrania,
quali il ciclo mestruale ad esempio, possono essere riconosciuti
anche in tale forma così come vi può essere allodinia cutanea
che diversamente dalla forma episodica, nella maggior parte dei
casi si rileva durante e tra le esacerbazioni della
sintomatologia emicranica [7]. Nella forma cronica, inoltre, è
più frequente il rilievo di sintomi somatici quali dolori
gastrointestinali, dolori agli arti, dolori lombari, episodi
lipotimici, tachicardia, diarrea, stipsi stanchezza, astenia e
turbe del sonno. Tali sintomi sono più evidenti in soggetti
depressi, scarsamente scolarizzati e basso reddito.
I fattori di
rischio correlati al processo di cronicizzazione vengono
distinti in modificabili e non modificabili [8]. I primi sono:
l’aumento del peso (body mass index); la frequenza delle crisi
(al baseline determina un aumento non lineare); l’uso di farmaci
analgesici; l’abuso di caffeina (in uno studio controllato verso
placebo ha determinato cefalea da sospensione); i disturbi
respiratori del sonno (maggiore prevalenza nei russatori vs
soggetti sani) ; lo stress.
I secondi
sono: il sesso femminile, i traumi cranici, il basso livello di
scolarità; la patologia emicranica.
I pazienti
con 3 o più attacchi al mese hanno un maggior rischio di
evolvere nella forma cronica.
Da un punto
di vista classificativo l’emicrania cronica e l’abuso di farmaci
sono due condizioni separate paradigmaticamente in forme
primarie e secondarie seppure talora clinicamente poco
differenziabili. La complessità diagnostica per la loro
distinzione ha una serie di conseguenze negative da un punto di
vista pratico, legate soprattutto alla difficoltà di mantenere
il paziente per un lungo periodo (2 mesi dopo la sospensione)
senza farmaci, e per la conseguente difficoltà di reclutamento
di soggetti per una sperimentazione clinica. E' interessante
notare che una pre-esistente emicrania episodica è una
condizione necessaria per lo sviluppo di dolore cronico in
presenza di abuso di farmaci, anche se non sufficiente, come
dimostrato dall’osservazione che abuso si rileva solo in una
minoranza di emicranici che assumono FANS quotidianamente. Abuso
di farmaci si rileva nella maggioranza dei pazienti
ambulatoriali, anche se i dati degli studi di popolazione
indicano che fino a 2/3 dei soggetti con emicrania cronica non
abusa di analgesici. Dopo la sospensione, un ritorno alla
forma episodica si verifica nel 45% dei pazienti. Queste
osservazioni suggeriscono che l'abuso non è né necessario né
sufficiente per determinare la progressione del dolore, ma deve
essere considerato come un fattore di rischio importante nei
soggetti con storia di emicrania, che sono suscettibili di
essere oggetto di una specifica predisposizione. Tale
predisposizione dal punto di vista biochimico potrebbe essere
legata ad una down-regulation dei recettori serotoninergici
trigeminali e ad una ridotta sintesi della serotonina a livello
del nucleo dorsale del rafe. L’osservazione alla PET di un
ipometabolismo della corteccia orbito-frontale, un'area
coinvolta nella trasformazione di dolore, che persiste anche
dopo la sospensione ha suggerito l'ipotesi che una ipofunzione
primitiva della corteccia orbito-frontale influisce sullo
sviluppo di cefalea da abuso in un certo numero di emicranici.
L’ipometabolismo orbito-frontale potrebbe costituire un
prolungato, o addirittura permanente, effetto delle modifiche
delle vie del dolore, prodotto da un abuso. Quest'ultima
possibilità è supportata dai risultati di un importante studio
neurofisiologico condotto su soggetti con cefalea da abuso prima
e dopo la sospensione nel quale è stato possibile dimostrare che
la sensibilizzazione centrale era un meccanismo causativo
coinvolto nella cefalea da abuso, reversibile dopo la
sospensione, e non limitato alle aree del trigemino, ma esteso a
quelle talamo-corticali. Quindi, il meccanismo attraverso il
quale l’abuso di farmaco induce la progressione dell'emicrania
potrebbe concentrarsi su una facilitazione centrale di
nocicezione, un fenomeno ritenuto alla base della allodinia.
Nei soggetti
obesi il rischio aumenta di 5 volte e di 3 volte nei soggetti in
sovrappeso probabilmente a causa dell’aumento di alcuni
mediatori infiammatori quali proteina C reattiva, IL-6, TNF
alfa, CGRP.
Meccanismi
infiammatori possono anche attivare il sistema immunitario
(elevati livelli di TNF alfa, IL 1beta, IL-6 e ossido nitrico)
in corso di eventi stressanti e quindi favorire la
cronicizzazione.
Non ancora
chiarito il rapporto con la caffeina, probabilmente non
associato alla depressione ed ai disturbi del sonno.
La
comorbidità dell’emicrania con i disturbi d'ansia e la
depressione è nota ed è bidirezionale, rappresentando un
fattore di rischio reciproco, suggerendo anche un comune legame
patogenetico. Tali disturbi talora possono anticipare una
cefalea da abuso ed eventi di vita stressanti come anche
l'esposizione cronica a stress, possono promuovere la
cronicizzazione dell'emicrania. Recenti evidenze suggeriscono
che tali condizioni psichiatriche non sono che la conseguenza
di dolore frequente, ma possono contribuire al suo sviluppo e
ridurre la risposta ai trattamenti. La depressione, inoltre, è
stata associata in modo indipendente con punteggi più alti alle
scale sulla allodinia cutanea, suggerendo ancora una volta che
una sensibilizzazione centrale potrebbe rappresentare il comune
meccanismo patogenetico alla base dell'emicrania e della
comorbidità di disturbi psichiatrici.
L’ipertensione arteriosa
sistemica è il secondo fattore,
dopo l’uso eccessivo di farmaci, in grado di favorire la
trasformazione cronica di una cefalea episodica come dimostrato
in una indagine epidemiologica retrospettiva su 95 pazienti
affetti da cefalea cronica.
L'emicrania è correlata
positivamente con la pressione arteriosa diastolica (30% nelle
donne e 14% negli uomini), ma negativamente con la pressione
sistolica (19% nelle donne e 13% negli uomini). L’emicrania è
anche un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi
ipertensivi in gravidanza ed un aumento della prevalenza di
emicrania con aura è stato osservato negli ipertesi. Una
ulteriore prova della correlazione tra emicrania ed ipertensione
è rappresentata dalla utilità nella terapia di profilassi di
alcuni farmaci antipertensivi quali ACE-inibitori e sartani che
possono rappresentare una ragionevole scelta di seconda o terza
linea. Ripetuti attacchi di emicrania per lunghi periodi
possono determinare un’ arteriopatia infiammatoria dei vasi
cranici. Disfunzione endoteliale è stata dimostrata negli
emicranici dovuta ad una riduzione della biodisponibilità di
mediatori vasodilatatori ed a un aumento dei fattori
vasocostrittori probabilmente in seguito alle ripetute lesioni
dell'endotelio vascolare da infiammazione, ipossia, rottura
della barriera emato-encefalica. In condizioni sperimentali è
stato dimostrato che l’ endotelina-1 può indurre diffusa
depressione corticale nei ratti. Inoltre patologie quali il
diabete e l’ipertensione causano disfunzione endoteliale.
Predisposizione all’emicrania si verifica anche in soggetti con
polimorfismo AA del gene A-231 dei recettori dell'endotelina,
che è associato a disfunzione endoteliale. L’aumento della
pressione arteriosa può modificare le risposte di adattamento
della circolazione cerebrale, modificando il flusso ematico
cerebrale e la sua autoregolazione e la funzione endoteliale.
Tali eventi, poi, possono condurre a diffusa depressione
corticale e/o influire sul sistema
trigeminovasculare. Infine ciò potrebbe aumentare la frequenza,
la gravità e la durata degli attacchi di emicrania, che a sua
volta induce centrale sensibilizzazione e quindi la progressione
dell’emicrania.
Un ruolo
simile, nell’ambito delle comorbidità sembra essere svolto
dall’ipotiroidismo, dall’allergia e dall’asma.
Anche se non
contemplata dalle maggiori recenti recensioni, recentemente è
stata segnalata anche una comorbidità con l’ipertensione
intracranica idiopatica (IIHWOP) spesso riscontrata nelle donne
in sovrappeso o obese in età fertile. E’ caratterizzata da
cefalea, spesso quotidiana, papilledema, deficit visivi
transitori, diplopia e tinnito. Talora può verificarsi senza
papilledema ed essere indistinguibile da una emicrania
trasformata; la sua prevalenza non è nota; ma sono riportate
percentuali del 10- 14% di pazienti con cefalea cronica. Può
verificarsi senza mal di testa in soggetti non-emicranici o in
gravidanza. In questi pazienti è possibile rilevare stenosi dei
grandi seni venosi in risonanza magnetica flebografica (MRV).
Ci sono prove di un gradiente di pressione venosa attraverso la
stenosi con un effetto documentato di aumento della pressione
del liquido cerebrospinale (CSF). L’ aumento della pressione
venosa cerebrale è considerata la via finale comune che porta a
ipertensione intracranica sia secondaria che idiopatica. La
congestione di grandi seni venosi può aggravare il dolore
emicranico. Una lieve ma persistente ipertensione venosa
centrale potrebbe promuovere un fuoco continuo nocicettivo, che
porta alla sensibilizzazione dei percorsi di elaborazione del
dolore e, quindi, il progressivo aumento di frequenza e durata
degli attacchi.
Gli ormoni
sessuali femminili possono avere un ruolo nella suscettibilità
dell’allodinia nelle donne.
Fisiopatologia
Il
mantenimento di una sensibilizzazione del sistema
trigemino-vascolare, fenomeno alla base della fase dolorosa
dell’emicrania, sembra essere il meccanismo fisiopatologico alla
base della cronicizzazione. In pratica gli stessi eventi
fisiopatologici che si verificano durante un attacco emicranico
determinano, in una stimolazione reiterata delle terminazioni
nervose trigeminali, il mantenimento di una facilitazione della
trasmissione nocicettiva al nucleo caudale del trigemino. Un
ruolo chiave nel mantenimento del dolore cronico e nel
determinismo della cascata di eventi che aumentano la
suscettibilità dei neuroni agli stimoli nocicettivi è giocato
dal legame del TNF alfa con lo specifico recettore neuronale
trigeminale [9]. Nel liquor di pazienti con emicrania cronica
refrattaria sono stati dimostrati alti livelli di TNF alfa .
La cascata di
eventi che determina l’anormale eccitabilità neuronale e la
sensitizzazione dei neuroni sensitivi trigeminali ed
extratrigeminali nel processo di cronicizzazione è determinata
dal rilascio reiterato di CGRP, SP ed NGF con successiva
liberazione di BDNF e glutammato che a loro volta attivano i
recettori del glutammato ionotropici e metabotropici del nucleo
caudale del trigemino [9] con potenziamento e mantenimento della
stimolazione nocicettiva. La disfunzione dei sistemi
antinocicettivi endogeni (serotoninergico ed endocannabinoide)
gioca anch’esso un ruolo importante nella reiterata trasmissione
nocicettiva trigeminale.
Un ridotto
controllo sulle vie discendenti dolorifica e analgesica endogena
potrebbe essere causato da una progressiva deposizione di ferro
a livello della sostanza grigia periacqueduttale (PAG),
dimostrata da un aumento dei tempi di rilassamento medi R2’ e
R2* alla RM, dovuta alla ripetuta sensibilizzazione centrale del
sistema trigeminale.
I processi di
alterata trasmissione nocicettica sono influenzati anche dall’allodinia
cutanea che si rileva nella maggior parte dei pazienti e
diversamente dalle forme episodiche interictalmente a suggerire
che i neuroni del complesso nucleare trigeminale sono
cronicamente sensibilizzati. I fenomeni di allodinia cutanea
sono bilateralmente rilevati, inoltre, durante la fase
intercritica in oltre il 70% dei pazienti con cefalea cronica.
Nei pazienti
con emicrania cronica nell’ambito di una anomala processazione
dei pattern distintivi dell’elaborazione corticale del dolore vi
è una prevalente attivazione della porzione rostrale della
corteccia cingolata anteriore che potrebbe contribuire alla
predisposizione alla cronicizzazione del dolore come hanno
dimostrato studi di risposte nocicettive a stimolo laser.
La
dimostrazione, poi, nella corteccia cingolata anteriore,
l’amigdala sinistra, l’opercolo parietale sinistro, il giro
frontale medio e anteriore sinistro, il giro frontale inferiore
destro e l’insula bilateralmente - aree coinvolte nella
processazione dell’informazione dolorifica e nella componente
emozionale del dolore – di una riduzione della sostanza grigia
nelle forme croniche rispetto a quelle episodiche ha fatto
ipotizzare un disordine progressivo legato all’accumulo del
danno dovuto al ripetersi degli attacchi.
Terapia
La terapia
dell’emicrania cronica ha lo scopo di controllare la
sintomatologia dolorosa efficacemente, ma anche di correggere
eventuali fattori di rischio o comorbilità che possono
influenzare la progressione del disturbo [8]. Essa pertanto si
avvale come per le forme episodiche di strategie in grado di
modificare la storia della malattia e possono essere così
schematizzate:
Øprevenzione
primaria con l’obiettivo di evitare l’evoluzione verso la
cronicità;
Ømisure
dietetiche con l’obiettivo di ridurre o mantenere il peso
corporeo;
Østudio del
sonno con l’obiettivo di identificare e curare i disturbi
respiratori notturni
Østudio e
identificazione di eventuali comorbilità con l’obiettivo di
instaurare trattamenti specifici;
Øl’uso di una
profilassi farmacologica con l’obiettivo di ridurre la frequenza
degli attacchi e conseguentemente l’uso di farmaci sintomatici;
Una misura
utile in prevenzione primaria può essere la sospensione graduale
della caffeina, onde evitare fenomeni di rebound possibili anche
in pazienti che ne assumono bassi quantitativi (1-2 tazzine di
caffè).
Va perseguita
una attenta valutazione con eventuale modificazione del peso,
sebbene non sicuramente associata ad un eventuale miglioramento
degli attacchi, dato che l’obesità è correlata con la
progressione dell’emicrania e può essere ottenuta attraverso
incentivazione dell’attività fisica, presidi dietetici o farmaci
ipolipemizzanti. Ovviamente in prevenzione farmacologica vanno
preferiti farmaci con scarso effetto sul peso corporeo (es.
beta-bloccanti) o che ne comportano una riduzione (es.
topiramato) rispetto a farmaci che ne possono determinare un
aumento (es. triciclici, valproato) [8].
Un altro
fattore di rischio indipendente è il russamento che va
riconosciuto e trattato sia con presidi comportamentali
(riduzione del peso, cessazione del fumo e dell’assunzione di
alcol e sedativi) che con farmaci (steroidi e decongestionanti
nasali) o addirittura chirurgici (ugulopalatofaringoplastica).
E’ altresì raccomandabile l’uso di devices (es. tongue retaining
device, soft palate lift, mandibular advancement device) previa
attenta valutazione odontostomatologica ed anche di continous
positive airway pressure (CPAP) qualora si dimostri una apnea
ostruttiva del sonno [8].
Va
assolutamente, poi, preventivamente valutato l’uso di
sintomatici al fine di evitare un uso eccessivo degli stessi in
grado di determinare una cefalea da abuso. L’uso eccessivo di
analgesici generalmente inizia con uno specifico farmaco, ma
soprattutto con un errato comportamento d’assunzione. La maggior
parte delle volte vi è una autosomministrazione di analgesici
per motivi diversi che vanno dall’assunzione inutile per la
paura del peggioramento di una cefalea banale alla paura di un
nuovo attacco, al condizionamento prescrittivo di conoscenti o
di messaggi pubblicitari che suggeriscono l’uso immediato di
farmaci non appena esposti a potenziali fattori scatenanti.
Questi messaggi, all’apparenza innocui, possono, quindi, in
particolari stati di sovraccarico fisico, psicosociale o emotivo
cronico innescare la cronicizzazione della cefalea, inducendo
abuso e farmacodipendenza.
Va valutata
la presenza di depressione che oltre ad una comorbidità è anche
un fattore di rischio di cronicizzazione da controllare sia con
terapia farmacologica (es. antidepressivi) che non
farmacologica. Stesso atteggiamento va adottato nei confronti
dell’ipertensione arteriosa sistemica. Quando si rilevi, poi,
una disfunzione tiroidea questa va corretta con farmaci
specifici.
La profilassi
farmacologica si avvale sostanzialmente degli stessi farmaci
utilizzati nelle forme episodiche con le stesse raccomandazioni,
prove di efficacia, eventi avversi, controindicazioni. Sono,
tuttavia, disponibili pochi studi per la prevenzione
dell’emicrania cronica come codificata dalla ICHD-II anche se
per alcuni farmaci si è dimostrata l’efficacia in studi
controllati vs placebo quali la gabapentina, la tizanidina, l’amitriptilina,
la fluoxetina ed il topiramato e per altri farmaci studi di
efficacia sovrapponibile al placebo quali la tossina botulinica
nei soggetti affetti da emicrania cronica quotidiana.
Nell’ambito
delle strategie non farmacologiche l’addestramento al
rilassamento permette al paziente di applicare strategie di
controllo in caso di cefalea. Percentuali significative di
efficacia del 35-50% si sono ottenute con l’uso del biofeedback
che poi in associazione alla terapia farmacologica si è
dimostrata più efficace di solo quest’ultima nelle forme di
cefalea da abuso.
Recentemente
in studi randomizzati l’impianto di stimolatori del nervo
occipitale ha dimostrato riduzione della frequenza, intensità e
durata del 70-100% nei pazienti con cefalea intrattabile tra cui
emicrania trasformata e cefalea cronica quotidiana a seconda dei
diversi parametri classificativi di riferimento con una
riduzione di farmaci sintomatici [10].
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