Il mal di testa nei proverbi dialettali: significato e radici
in un testo scritto da un neuropsichiatra napoletano di origini lucane
Il ruvido peso delle parole
di Enrico Volpe*
Sin dai tempi antichi i proverbi hanno richiamato l'attenzione di letterati e filosofi; lo stesso Aristotele, che li definiva "probata vera", ne curò una raccolta, affermando che "il proverbio è un avanzo dell'antica filosofia, conservatosi fra molte rovine per la sua brevità ed opportunità". Anche Erasmo di Rotterdam considerava gli Adagia, una sua raccolta di massime e proverbi in lingua latina, tra le migliori delle sue opere.
Cos’è un proverbio e cosa rappresenta? Esso è, verosimilmente, una massima che in modo sintetico ed immediato esprime un concetto che nasce dall’esperienza, dal vissuto e dalla conoscenza di un popolo, dai suoi costumi e dalla sua identità. Il proverbio contiene sovente giudizi, consigli o dettami espressi in modo diretto e sintetico, talvolta sotto forma di metafora, di allegoria o di similitudine, scaturito della cosiddetta saggezza popolare definita anche filosofia popolare (anche se va detto che molti osservatori li ritengono dei luoghi comuni).
Il termine proverbio deriverebbe, nella sua massima accezione, dal latino proverbium che a sua volta deriva da pro e verum, termini che esprimono il convincimento che essi siano consacrati alla verità; ed a tale ragione che i proverbi devono la loro longevità.
L’interesse nel tempo dei proverbi, diventati oggetto di studi socio-antropologici, psicologici, sociologici e linguistici, ha fatto sì che nascessero specifiche ed autorevoli discipline di cui la prima ha preso il nome di paremiologia (dal greco paroimia= massima, detto), ossia scienza che studia i proverbi come manifestazione di cultura popolare e, più in generale, ogni frase che intenda trasmettere un conoscenza basata sull’esperienza; la seconda il nome paremiologia di comparata, scienza che studia i proverbi in differenti linguaggi e culture e che attraverso la comparazione individua elementi di similitudine tra differenti tradizioni popolari.
Le peculiarità dei proverbi sono la sinteticità dell'enunciato ed il ricorso a figure retoriche, come metafore e similitudini tratte da usi, costumi e leggende del popolo nella cui lingua è nato il proverbio.
Il proverbio dialettale, tramandato da padre in figlio, come strumento pedagogico, rappresenta un segmento, uno spaccato del modo di vivere e dei costumi di epoche passate, che ci consente di comprendere, in tutti i suoi particolari e le sue sfaccettature, la società contadina e non del passato fino agli anni '50 del XX secolo.
Gli anziani enunciavano i proverbi ai giovani come se fossero sentenze ed i giovani umilmente apprendevano il modo di vivere, frutto di una storia realmente vissuta.
Nell’epoca contadina, ancora più della scuola, i genitori erano responsabili dell'educazione del comportamento e del rispetto dei giovani e quest'ultimi imparavano con rigidità quelle regole di vita pratica (da cui originano i proverbi) con punizioni anche severe (uso della cinghia, ceffoni e frusta…) che servivano a portarli sulla strada giusta e retta (mazza e panelli fanno i figli belli, cioè bastonate e cibo rendono i figli sani).
Tutti i modi di dire, anche se talvolta in contraddizione tra di tra loro ( i figli so' piezze ‘e core cioè i figli sono il nostro amore ; i figli sanna vasà sule quano rormono cioè i figli si devono baciare solo quando dormono ovvero devono essere tenuti a distanza), evidenziano quell'insieme di valori e quella cultura popolare tramandati, che esprime i vissuti e la quotidianità della vita povera del ceto più umile del passato (contadini, artigiani, pastori), spesso fatta di stenti, sacrifici ed umiliazioni, anche se non priva di amore, sogno, speranza ed attesa di nuovi eventi (emigrazione).
L'educazione attraverso l’esempio di una vita semplice, ritmata ed i proverbi, come già detto, avveniva soprattutto nell'àmbito familiare (famiglia patriarcale con più componenti che contribuivano tutti all'unità familiare (il moccio viene dal naso, l'educazione dalla famiglia).
I giovani venivano messi in guardia dalle brutte compagnie (chi va con lo zoppo impara a zoppicare). Esisteva, nella cultura popolare, il convincimento che tutti i caratteri somatici e psichici fossero ereditari (tale padre e tale figlio, e se non gli si assomiglia non è suo figlio) per cui spesso, nell'ambito educativo, nascevano contrasti tra i genitori e figli dovuti al fatto che i genitori non accettavano i difetti dei figli simili ai propri.
I genitori dovevano essere intransigenti e rigidi nell'educazione dei propri figli altrimenti quest'ultimi avrebbero potuto approfittarne; di conseguenza non bisognava essere teneri per non sembrare deboli (‘o troppo stroppia cioè concedere molto fa male; oppure ‘a troppa cunferenza porta a' mala crianza cioè troppa confidenza porta a cattiva educazione) .
I proverbi sopperivano spesso alla mancanza d'istruzione e di mezzi tecnologici (rosso di sera buon tempo si spera) ed in tal senso rappresentava un modulo culturale, un patrimonio che va preservato e difeso in quanto traccia del passato di un popolo e del cammino percorso dai nostri antenati.
L'importanza di tramandare i proverbi nasce dalla necessità di conservare il legame con le tradizioni e i costumi del passato per un verso e, ove possibile, di utilizzarli ancora oggi come strumento educativo per le nuove generazioni; laddove, talvolta, la società, l'ambiente e la scuola non riescono a perseguire tali finalità.
Concludiamo queste brevi considerazioni sui proverbi e il loro significato riportando qualche proverbio o modo di dire sulla cefalea, anch'essi espressione di indubbia saggezza popolare :
O mal’ ‘e capa è e chi o sent', nun ‘e chi passa e tene mente
Il mal di testa è di chi ce l'ha, non di chi passa e guarda
'A capa nun s'à dda fà maj' male patì!
Alla lettera:la testa non va fatta mai patire. In senso più lato: il capo non va portato mai scoperto per modo che non incorra in malanni come cefalee o emicranie.
Con diversa valenza: bisogna sempre assecondare le proprie inclinazioni, dando libero corso alle proprie idee
A' capa nun vo' pensiere
Ad litteram: la testa non vuole pensieri. In senso lato: lo stress può essere un fattore facilitante per il dolore di testa
L'emicrania è l'anticoncezionale più diffuso ed economico (qualcuno crede!)
Il rapporto sessuale è l'antiemicranico più diffuso (qualcuno crede!)
Bibliografia essenziale
Enrico Volpe: Pillole di saggezza popolare. Viaggio nel dialetto lucano. Proverbi e modi di dire del folklore marsicano e lucano. Ed. Cuzzolin 2010
*Seconda Università degli Studi di Napoli