Emicrania e Psicoanalisi Migraine and
Psychoanalysis
Alfonso Leo
Centro Cefalee A.O. S. G. Moscati, Avellino Istituto
freudiano per la clinica, la terapia e la scienza - Roma
alfonso.leo@tin.it
“Intelligenza
fervida, spiccata sensibilità, estro e dinamismo”: è’l’identikit
delle persone che soffrono d’emicrania, la forma più severa di
mal di testa. Perché quello degli emicranici è un cervello
speciale, come lo definiscono i neurologi”1. Questa frase riportata in un articolo de L’Espresso mi ha spinto
a riflettere sulla mia lunga esperienza con i pazienti
emicranici: sono ormai 30 anni che ho a che fare con questa
patologia.
Gli
emicranici, d’altra parte, si considerano anche loro stessi come
“pazienti diversi”, hanno creato associazioni, portano avanti il
riconoscimento della loro patologia come causa d’invalidità
civile, insomma considerano l’emicrania come una patologia, un
marchio di cui non potranno mai fare a meno e di cui, in un
certo senso, vantarsi (godere?). Oliver Sacks in un’intervista
sul suo libro Emicrania afferma che “Quando ho visto
il mio primo paziente emicranico pensavo che questa malattia non
fosse altro che una particolare forma di cefalea, poi però, man
mano che ne curavo altri, mi sono reso conto che il dolore di
testa non è affatto l’unica caratteristica dell’emicrania… Mi
ero immerso nello studio di tutto quello che potevo trovare
sull’argomento… Imparai un sacco di cose, ma finii col restare
più confuso di quando avevo cominciato, più ci si interessa di
questo problema, più si fa complicato, arcano, come un puzzle
impossibile da ridurre ad un contesto logico e sequenziale che
possa spiegare tutto. E quando tornai dai miei pazienti, mi
resi conto che erano assai più istruttivi di qualsiasi libro... ho utilizzato e visto utilizzare infiniti metodi e terapie
per curare l’emicrania. Ma la verità è che la cura è meno
importante del medico: le terapie sono sempre cambiate e
probabilmente cambieranno ancora, ma il ruolo del medico resterà
sempre lo stesso.”2
Proprio
per questo il rapporto con l’emicranico è sempre il rapporto con
un paziente speciale. Infatti, citando sempre Sacks: “Può sembrare paradossale, ma a volte è più facile avere una
vita limitata, vivere da malati, piuttosto che stare bene.
Bisogna saper ben amministrare qualsiasi farmaco, perché
l’emicranico con il suo dolore ricorrente, con la sua vita
sempre disturbata e trasformata dai sintomi che accompagnano gli
attacchi, ha finito con l’adattarsi e ha imparato ad essere
malato”2.
Sacks continua: “La sua guarigione deve essere sempre
graduale, sempre accompagnata da un medico in grado di
insegnargli cosa significa vivere senza emicrania, perché lui
non lo sa lo ha dimenticato, altrimenti sarebbe come esporre
improvvisamente alla luce accecante del sole d’agosto un cieco a
cui una pozione magica ha restituito improvvisamente la vista”. 2
Freud
Emicranico
Anche
il fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud, soffrì di
ricorrenti episodi di severa cefalea:* uno dei suoi biografi,
Jones, lo ha definito “un martire dell’emicrania”3.
Freud soffrì di attacchi di cefalea durante tutta la sua
vita, specialmente tra il 1880 e 19004 e gli attacchi
divennero meno frequenti durante l’ultima parte della sua vita.
Freud stesso riferì in diverse lettere al suo amico Wilhelm
Fliess di soffrire di “emicrania”, disturbo che li accomunava,
anche Fliess ne soffriva. Poco si sa sulla sintomatologia
precisa dell’emicrania di Freud, visto che non è stata mai
fornita una dettagliata descrizione; solo quella della
sintomatologia concomitante è stata riferita dallo stesso Freud
in “Psicopatologia della vita quotidiana”. Egli afferma:“le
lievi emicranie di cui ancora soffro sogliono preannunciarsi,
ore prima, con dimenticanze di nomi, e al culmine
dell’indisposizione, che tuttavia non mi obbliga a interrompere
il lavoro, ho spesso amnesia di tutti i nomi propri” ,
interessante notazione che si colloca, da una parte
secondo il modello delle neuroscienze sul piano di un deficit
del funzionamento cerebrale, nel registro del “Reale”,
dall’altra, anche per l’opera in cui se ne parla, sul piano di
una temporanea deficitarietà del registro significante.
A proposito del lapsus in “Introduzione alla psicoanalisi” Freud
scrive: “i lapsus verbali, in realtà, si presentano quando si
è affaticati, si ha mal di testa o se incombe un’emicrania. In
queste stesse condizioni si verificano facilmente le
dimenticanze di nomi propri, Alcune persone sono abituate a
riconoscere l’avvicinarsi dell’emicrania da questo loro
dimenticare i nomi propri”.6Questa sintomatologia squisitamente neurologica ci porta a
ritenere molto verosimile la diagnosi di emicrania per
Freud.
Egli s’interrogò anche sui possibili fattori scatenanti nella
genesi delle crisi emicraniche.
Il suo tentativo di conciliare le teorie “organicistiche” di
Fliess, famoso otorinolaringoiatra di Berlino, e la nascita
della psicoanalisi -e quindi di una possibile genesi psichica
di alcune malattie -, è ben evidente in quello che viene
considerato il sogno inaugurale della psicoanalisi, il famoso
sogno dell’iniezione di Irma7. In una lettera a
Fliess proprio a proposito di questo sogno egli scrive:
“Non
credi che su questa casa un giorno si potrà leggere questa
lapide? ----------------------------------In questa casa il 24 luglio 1895 -----------------------al dottor S. Freud si svelò il segreto del sogno.”
In questa
frase si può notare la particolare costruzione grammaticale, che
denuncia il carattere passivo del sognatore e interprete, al
quale il sogno si svela, come per effetto di un’istanza
impersonale nella quale è possibile riconoscere la coazione
dell’inconscio alla significazione.
Nella
descrizione del sogno Freud scrive: «Un grande salone, molti
ospiti, che stiamo ricevendo. Tra questi, Irma, che prendo
subito in disparte come per rispondere alla sua lettera e
rimproverarla di non accettare ancora la “soluzione”. Le dico:
“Se hai ancora dolori è veramente soltanto colpa tua.” Lei
risponde: “Sapessi che dolori ho alla gola, allo stomaco, al
ventre, mi sento tutta stretta.” Mi spavento e la guardo: è
pallida, gonfia. Penso: dopo tutto forse non tengo conto di
qualche cosa di organico.»
E’ proprio il
rapporto con Fliess che lo spinge a porsi il problema della
possibile origine organica delle patologie che si ritrova a
trattare, ne è un esempio la teoria della genesi “nasale”
dell’emicrania, emerge il tema del conflitto tra il Freud
neurologo, formatosi alla scuola del grande Charcot e il grande
intuito dello scopritore della psicoanalisi, non ancora
pienamente convinto della bontà delle sue tesi.
In seguito si
convinse, invece, dell’importanza dello stress dell’auto-analisi
come fattore scatenante dell’emicrania: egli riteneva che la
frequenza dell’emicrania sarebbe diminuita quando avesse
compreso in maniera più profonda i suoi conflitti inconsci; sino
a determinare che, quando la sua auto-analisi venne a
compimento, il suo interesse nei confronti dell’emicrania iniziò
a scemare.
L’emicrania e
la classificazione Il mal di testa è, per definizione, una patologia inafferrabile,
sospesa tra corpo e psiche, che cerca disfuggire ad ogni
intento classificatorio, una patologia che apparentemente non
viene da niente, è per definizione senza alterazione organica
evidente, e non porta a niente, non conduce, in altre parole, a
patologie più gravi o alla morte.
Attualmente
molto si dibatte sulla necessità di protocolli diagnostici e
terapeutici rigidi, di precise norme per attuare tali
linee-guida, e portare così a compimento i timori espressi da Di
Ciaccia: “E’ il problema del soggetto, della sua
individualità, della sua eccezione, della sua stessa follia o
sregolatezza potrebbe allora essere considerato risolto senza
dare al soggetto adeguata voce in capitolo, e derubricare il
disagio della civiltà classificatoria come un mero errore di
valutazione”.8
Bisognerebbe,
invece, rivoluzionare, in un certo senso, il rapporto col
paziente ed è quello che succede spesso nella mia pratica
clinica quando attuo quello che dovrebbe essere prassi usuale
per qualsiasi medico e a cui Lacan dà un’importanza notevole: “Poiché
il paziente si avvicina e viene da noi, è per domandarci qualche
cosa, e noi ci spingiamo già molto lontano nel nostro impegno e
nella precisione della situazione dicendogli semplicemente –
La ascolto”. 9
Psicoanalisi
ed Emicrania Uno strumento può essere proprio la psicoanalisi in quanto, come
definita da Jacques Alain Miller: “psicoanalisi, scuola
d’ironia, di scetticismo, d’irriverenza, in definitiva
antimoderna” 10 cioè proprio contro quella
concezione della “Medicina Moderna”, la medicina basata
sull’E.B.M.
Il problema è che la Medicina Basata sulle Evidenze (EBM)
non ci abitua al rapporto uno per uno, ha bisogno della
rassicurazione della classificazione, sia essa la ICDH o il DSM
IV, il paziente deve essere inquadrato, solo così si può
rispondere alle linee guida per ogni patologia e si è sicuri di
avere operato secondo scienza e coscienza, ma, tuttavia
spesso, se ci si limita solo a questo, si verifica qualcosa che
non va.
In questo contesto, in cui l’essere umano, l’essere parlante è
visto proprio in maniera meccanicista, la relazione terapeutica
dovrebbe limitarsi ad un contratto tra due persone ragionevoli,
al fine di applicare protocolli standardizzati per raggiungere
quella “qualità totale”, obbiettivo della moderna medicina,
secondo canoni di controllo totale in cui l’operatore sanitario
- ancora medico?- è assolutamente intercambiabile!
Lacan ci viene in aiuto: “il medico è nella funzione di
fisiologo, ma va incontro anche ad altri appelli: il mondo
scientifico riversa nelle sue mani un numero infinito di ciò che
esso può produrre come nuovi agenti terapeutici, chimici o
biologici, che mette a disposizione del pubblico, e domanda al
medico, come un rappresentante, di metterli alla prova. Dove è
il limite entro cui il medico deve agire, a che cosa deve
rispondere? Egli deve rispondere a qualcosa che si chiama la
domanda”.10
Lacan continua: “Quando il malato è inviato presso un medico
o quando ci va direttamente, non dite che egli si aspetta
puramente e semplicemente la guarigione. Egli mette il medico
alla prova per farlo uscire dalla sua condizione di malato, cosa
che è molto differente, perché questo può implicare che egli
possa essere completamente attaccato all’idea di conservarla.
Talvolta viene proprio per domandarci di legittimarlo come
malato. In altri casi viene, nel modo più evidente, a domandarci
di preservarlo nella sua malattia, di curarlo nel modo a lui più
conveniente, quello che gli permetterà di continuare ad essere
ben collocato nella sua malattia”. 10 Bisogna cogliere quella che Lacan definisce: “la faglia tra
la domanda e il desiderio”10 Citando
sempre Lacan: “Ciò che indico parlando della posizione che
può occupare lo psicoanalista, è che attualmente è la sola da
dove un medico possa mantenere l’originalità di sempre della sua
posizione, cioè di chi deve rispondere ad una domanda di sapere,
benché non lo possa fare che conducendo il soggetto a voltarsi
dal lato opposto alle idee che esprime per presentare questa
domanda”.10 Insomma bisogna comprendere che, quello che il paziente chiede,
può essere diametralmente opposto a ciò che desidera, basta
saperlo cogliere; ovviamente non bisogna essere psicoanalisti
per farlo, poiché è esperienza quotidiana questa dicotomia, ma
di certo la E.B.M. non ci aiuta ad evidenziarlo,
se il paziente non si adatta allo schema tanto vale inquadrarlo
nel settore degli inclassificabili e tanto peggio per il
paziente!
Freud afferma in Al di là del principio di piacere che: “probabilmente
le carenze della nostra esposizione scomparirebbero se fossimo
già nella condizione di sostituire i termini psicologici con
quelli della fisiologia e della chimica”e molti
hanno ritenuto che, su questa base, si potesse affermare che
solo la Scienza possa dare la spiegazione a tutto,
tralasciando ciò che la psicoanalisi e Freud hanno affermato: “In
psicoanalisi le cose sono solite essere un po' più complicate di
quel che vorremmo. Se fossero così semplici, non ci sarebbe
forse stato bisogno della psicoanalisi per portarle alla luce”.
Insomma quello che diceva Freud in Introduzione alla
psicoanalisi è, purtroppo, ancora valido: “Siete stati
addestrati a dare un fondamento anatomico alle funzioni
dell'organismo e ai suoi disturbi, a spiegarli chimicamente e
fisicamente e a concepirli biologicamente, mentre neanche un
briciolo del vostro interesse è stato indirizzato verso la vita
psichica, nella quale pure culminano le prestazioni di questo
organismo meravigliosamente complesso. Perciò vi è rimasto
estraneo il modo di pensare psicologico in generale, essendovi
voi abituati a considerarlo con diffidenza, a contestargli il
carattere di scientificità e a lasciarlo ai profani, ai poeti,
ai filosofi della natura e ai mistici. Questa limitazione
costituisce certamente un danno per la vostra attività medica,
dal momento che il malato, come sempre avviene nei rapporti
umani, vi mostrerà dapprima la sua facciata psicologica, e io
temo che sarete costretti, per castigo, a lasciare una parte
dell'influsso terapeutico al quale aspirate ai medici
dilettanti, ai guaritori empirici e ai mistici, tutta gente che
voi disprezzate”.12
L’emicranico si definisce tale, come se fosse un marchio a vita,
preme non perché la malattia scompaia, ma perché venga
riconosciuta come causa di invalidità permanente, un’etichetta
permanente!
E’ evidente, allora, che “il sinthomo si pensa, si articola
non a partire da la verità, ma a partire dal godimento, come un
modo-di-godere” si gode del proprio sintomo, si gode
dell’essere emicranico fino ad identificarsi con esso, passando
dal sintomo al sinthomo, cioè quello che Lacan afferma essere
l’identificazione del soggetto con il proprio sintomo! In
psicoanalisi il soggetto si presenta come individuo, come uno,
non abbiamo a che fare con l’universale della medicina, dove
tutto deve essere incasellato, classificato, la vita si presenta
come corpo individuale, il “corpo Vivente” ma “la vita non si
riduce al corpo, alla sua bella unità evidente. C’è un’evidenza
del corpo individuale, del corpo in quanto Uno, ed è un’evidenza
di ordine immaginaria” 13 , ma questo non
significa che il corpo con i suoi organi sia assemblato di tanti
elementi naturali, ma l’individualità è qualcosa di
differente, “si afferra l’Uno a partire dal significante e
non a partire dalla natura”.13
Nella sua critica a Cartesio Lacan afferma che, nella scienza,
si giunge alla scomposizione del soggetto come una macchina;
l’approccio scientistico porta proprio a scomporre il corpo come
una macchina.
“Questa
scomposizione, questo frazionamento proviene essenzialmente dal
fatto di allontanarsi dalla meravigliosa armonia
dell’organizzazione vivente con il suo ambiente, per operare,
smantellare scomporre e disarticolare” \3 e
anche nel nostro caso il perdersi dietro ai recettori, alle
molecole, non ci dice nulla del soggetto emicranico, si ottiene
quello che accade al topo nella sperimentazione, “si comincia
a distruggere il povero topo immergendolo nel sapere dello
sperimentatore, un sapere che non serve alla sua vita”
13 allo stesso modo della ricerca pura, che poco fornisce
allo soluzione del problema del soggetto.
L’attacco emicranico è caratterizzato da un ripetersi di crisi
algiche, improvvise, ripetute associate ad una profonda
spossatezza, fastidio per la luce e i rumori e successivamente
sonno.
E’ un “attacco” ex-timo, viene dal campo dell’Altro, è
una risposta della pertinenza del soggetto a questo registro.
Le crisi si verificano proprio quando c’è un’alterazione della
routine, possono scatenarsi durante il week-end, dopo
un’abbondante libagione, dopo un digiuno prolungato, dopo una
notte insonne, dopo aver dormito più del normale; gli emicranici
mal si adattano ai cambiamenti e quindi, come raccomandano i
cefalologi, hanno bisogno di una vita quanto più regolare
possibile.
Miller parla in Biologia Lacaniana14 proprio
de “La ripetizione, fattore di inadattabilità”, egli
considera Al di là del principio di piacere di Freud come
la base da cui partire per l’elaborazione di questo concetto: “Consiste:
in primo luogo, a imputare la compulsione alla ripetizione,
afferrata ciclicamente, al corpo vivente, all’organismo vivente
come tale, vale a dire alla sostanza vivente; in secondo luogo,
a concepire questa ripetizione come la tendenza a ristabilire
uno stato anteriore; in terzo luogo, consiste nell’identificare
questo stato anteriore con la morte concepita come non vita,
vale a dire come morte biologica nella misura in cui il non
vivente era lì prima del vivente”. Ma Lacan va oltre: “Da
un lato, Lacan ammette la ripetizione come fenomeno clinico, ma
dall’altro lato egli dà un altro senso alla connessione tra la
ripetizione e la morte. Laddove Freud, nella sua estrema
speculazione, ci tiene a vedere un fenomeno vitale originario
nella ripetizione, Lacan non ne fa un fenomeno vitale - la
ripetizione lacaniana non concerne il comportamento
dell’organismo vivente - bensì un fenomeno anti-vitale, nella
misura in cui di fronte alla speculazione freudiana, la
ripetizione nella specie umana si oppone all’adattamento” ed
è proprio ciò che accade nell’emicranico in cui egli, con la
ripetizione del sintomo cefalalgico, si oppone ad ogni possibile
adattamento alle mutate condizioni di vita, “la ripetizione
è fondamentalmente, per la specie umana, un fattore di
non-adattamento, perché la ripetizione, quale emerge dalla
clinica, appare condizionante di un comportamento non adattato
nei confronti delle esigenze della vita, del benessere del
corpo...”14
Sembra di leggere proprio di quella cosiddetta personalità
emicranica, caratterizzata dalla costante ripetizione degli
stessi rituali nella vita quotidiana, per evitare lo
scatenarsi delle crisi emicraniche, rispettare le regole (il
Super-Io) in maniera rigida altrimenti... il dolore!
Lacan afferma che “C’è incontestabilmente godimento a livello
in cui inizia ad apparire il dolore, e noi sappiamo che è
solamente a livello del dolore che può sperimentarsi tutta una
dimensione dell’organismo che altrimenti resta velata”.
La
Psicoanalisi è la Soluzione?
Visto il particolare rapporto con il dolore dell’emicranico
allora la soluzione è la psicoanalisi?
Le linee guida della Società Italiana per lo Studio delle
Cefalee per il trattamento dell’emicrania non menzionano,
ovviamente, la psicoanalisi come possibile trattamento
dell’emicrania ed in letteratura non esistono studi che trattano
dell’argomento. Infatti viene detto: “Da segnalare la
mancanza di studi controllati riguardanti interventi di
psicoterapia (individuale) di tipo psicodinamico ed
interventi di terapiafamiliare, nonostante la sua
efficacia sia ampiamente supportata dall’esperienza clinica”
poiché la mancata riproducibilità, con metodo scientifico,
del trattamento psicoanalitico non permette una sua
validazione con lavori pubblicabili.
Tuttavia tutti i manuali per il trattamento delle cefalee e
dell’emicrania raccomandano, in maniera generica, la
comunicazione col paziente sino a giungere a prescrivere al
medico di “lasciare parlare il paziente”15 quasi come
se fosse qualcosa di inconsueto, quasi come se il medico già
sapesse tutto, come se incarnasse quel grande Altro che tutto sa
e che non ha bisogno neanche del vissuto del paziente per fare
diagnosi.
Emicrania e
Psicoanalisi Applicata Come applicare dunque tutto ciò alla pratica quotidiana in un
centro cefalee ospedaliero?
Si apre allora la possibilità alla
cosiddetta psicoanalisi applicata, che non è una semplice
tecnica terapeutica: il medico adotta lo strumento della
psicoanalisi in un contesto non usuale, al di fuori della
normale seduta; tuttavia lascia uno spazio all’inconscio del
paziente e ne fa così di ciascuno di essi un caso
“singolare”, valorizzando per ognuno la propria specificità,
dando altresì spazio a tutte le forme di nuovi sintomi -
compresa l’emicrania - che si riscontrano nella nostra società.
Offrire questo anche all’interno delle istituzioni, anche in un
luogo in cui la psicoanalisi non dovrebbe esserci - poiché la
psicoanalisi non è una tecnica terapeutica, ma un modo di
mettere in rapporto il sintomo con quel godimento impossibile da
sopportare per il paziente, tanto da condurlo dal medico per
chiedere aiuto.
La funzione dello psicoanalista può, forse, essere esplicata
anche al di fuori del contesto canonico dello studio di
consultazione, anzi l’essere dell’analista è proprio questo:
farsi strumento e niente più. ‘E qualcosa del quale ci si
appropria per analizzarsi. E la nostra arte è di saperci
prestare a questo, senza troppe idee di grandezza. Noi siamo
umili strumenti” 16 come dice Jacques Alain
Miller.
Potrebbe essere facile a dirsi e difficile a farsi ma come
afferma Freud in Psicoanalisi e telepatia17 a
proposito del martirio di San Dionigi - Saint Denis in francese
- : “E’ proprio vero ciò che soleva aggiungere il custode di
Saint-Denis al racconto del martirio del Santo. Si narra che
Saint-Denis, dopo che gli fu mozzata la testa, l’abbia raccolta
ed abbia camminato ancora per un buon tratto con la propria
testa sul braccio. Ma a questo proposito
osservava: «Dans des cas pareils, ce n’est que
le premier pas qui coûte.» Il resto viene da sé”.
Bisogna aver il coraggio di fare il primo passo, non lasciarsi
spaventare dalle difficoltà, e poi, non a caso San Dionigi è il
protettore degli emicranici!
***
bibliografia ***1*Garbaglio
L. Il genio del mal di testa. L’Espresso 2006; 25:
158-162