Una review sul trattamento della neuropatia post-erpetica alla luce
delle più recenti linee guida EBM
Un male da dimenticare
di Domenico Cassano (*)
Col termine neuropatia post-erpetica (PHN) si definisce quel quadro di dolore neuropatico che persiste per più di 3 mesi dalla risoluzione del rash. La PHN si considera cronica quando il dolore persiste per 6 mesi o più. Una formulazione diagnostica diventa difficile per quei casi - alquanto rari - di Herpes zoster che si manifestino senza lo sviluppo del rash. Il termine zoster-associated pain si usa per descrivere il continuum del dolore dall’Herpes zoster acuto allo sviluppo della nevralgia post-erpetica [1].
E’ un’affezione relativamente comune, che colpisce dal 10 al 15 % dei soggetti con herpes zoster. La sua incidenza aumenta con l’avanzare dell’età [2]: oltre i 75 anni, la prevalenza e 20 volte superiore a quella dei ventenni. Rappresenta dunque una manifestazione clinica dell’età matura: bisogna in tal caso sempre sospettare una immunodepressione o una malattia degenerativa.
Tra i vari fattori di rischio, assumono particolare rilievo l’età avanzata e l’intensità del dolore nella fase acuta.
La durata della PHN è altamente variabile. In uno studio longitudinale, il 48 % dei soggetti che aveva sviluppato una PHN presentava ancora sintomi ad un anno dall’insorgenza [3] .
Sul piano sintomatologico, la PHN è caratterizzata da un’associazione di: dolore continuo di tipo urente o incessante; dolori intermittenti pungenti; disturbi sensoriali, tra cui parestesie; allodinia (dolore provocato da stimoli meccanici o termici altrimenti innocui). Alcuni pazienti con PHN avvertono una perdita profonda della sensibilità nelle zone a maggior dolore (anestesia dolorosa o dolore da deafferentazione).
Giacchè un 40-50 % dei soggetti che sviluppano una PHN non risponde ad alcuna terapia, è importante effettuare un trattamento preventivo che si realizza, fondamentalmente, tramite l’uso di farmaci antivirali: la loro somministrazione entro le 72 h dall’esordio dei sintomi può ridurre l’intensità e la durata della malattia acuta [4] nonche prevenire la PHN (5).
Riguardo al ruolo preventivo della terapia steroidea, alcuni studi in doppio cieco, randomizzati, controllati, hanno concluso che i corticosteroidi somministrati per 21 giorni non prevengono la PHN [6].
In corso di sperimentazione è l’impiego di un vaccino per l’Herpes zoster. Studi preliminari indicano che l’uso del vaccino ha ridotto in maniera significativa la morbilità da Herpes zoster e l‘incidenza della PHN negli adulti anziani. Le reazioni nella sede di iniezione sono d’intensità generalmente lieve [7].
La seguente review illustra i dati evidence-based di recente acquisizione che possono essere utili nell’orientare la scelta terapeutica, sulla scorta delle linee guida sia dell’American Family Physician (AFP) [1] che della European Federation of Neurological Societies (EFNS) [8]. Vengono specificati i singoli farmaci ed un loro uso in monoterapia, essendo insufficienti i dati circa le politerapie. Un accenno sarà fatto per i trattamenti non-farmacologici, non considerati dalle linee guida in quanto costituiscono un settore non ancora sottoposto a sistematizzazione.
I gruppi di farmaci piu accreditati
Le linee guida sottoposte alla evidence based medicine (EBM) concordano nell’indicare un alto livello di evidenza per i seguenti gruppi di farmaci: gli antidepressivi triciclici (TCAs), gli antepilettici gabapentin e pregabalin e gli oppioidi.
Antidepressivi
In base alle evidenze di classe I e II, i TCAs quali amitriptilina, nortriptilina, maprotilina e desipramina sono efficaci nel diminuire il dolore da PHN.
Mancano studi randomizzati controllati (RCTs) sull’efficacia degli SSRI o SNRI in tale sindrome.
Antiepilettici
Vi sono evidenze di classe I per il gabapentin ed il pregabalin, e di classe II per il valproato, circa una loro efficacia nel diminuire il dolore da PHN.
La carbamazepina non si è mostrata particolarmente efficace: mancano a tutt’oggi dati sufficienti che portino a conclusioni univoche sull’uso della carbamazepina.
Trattamenti topici
La lidocaina topica è stata valutata solo in pazienti con allodinia in studi a breve termine.
L’applicazione topica di lidocaina in cerotto e della crema EMLA (eutectic mixture of local anaesthetics, lidocaine and prilocaine) ha determinato una significativa remissione del dolore nei pazienti con PHN.
L’entità del beneficio della capsaicina topica e dell’aspirina in crema o in unguento è inferiore al livello che si ritiene clinicamente importante per il trattamento del dolore cronico.
Oppioidi
Diverse recenti metanalisi confermano l’efficacia sia degli oppioidi forti (morfina, metadone, ossicodone) che degli oppioidi deboli (tramadolo, codeina) nella neuropatia dolorosa. Oltre all’efficacia degli oppioidi sul dolore spontaneo, è stata rilevata anche l’efficacia di ossicodone nel ridurre l’allodinia nella neuropatia dolorosa. Ossicodone, metadone e morfina si sono mostrati efficaci nella PHN in due RCTs crociati placebo-controllati (classe I).
In un trial che compara morfina a lento-rilascio (91 mg/die) e metadone (15 mg/die) con TCAs e placebo, la remissione del dolore era significativamente maggiore con la morfina rispetto alla nortriptilina. Vi erano più sospensioni, statisticamente significative, durante il trattamento con oppioidi che con triciclici, ma il deterioramento cognitivo si osservava solo con i TCAs.
Il tramadolo (dosaggi medi 275 mg/die fino a 400 mg/die) si è mostrato moderatamente efficace solo su alcune misure di intensità di dolore spontaneo nella PHN.
Blocchi perimidollari
Il metilprednisolone per via intratecale è risultato efficace nel ridurre il dolore della PHN (classe I e II). Data la natura invasiva del trattamento, con il rischio di aracnoidite, e la difficoltà nel disporre di metilprednisolone senza conservante, tale trattamento deve essere preso in esame solo dopo aver constatato l’insuccesso dei farmaci sopra elencati.
Altri trattamenti
Gli antagonisti del recettore N-metil-D-Aspartato (NMDA) quali la mexiletina (un antiaritmico), il dextromorfano e la memantina, gli antiepilettici come il topiramato, la oxcarbazepina e la lamotrigina così come le benzodiazepine quali il lorazepam, sono stati giudicati inefficaci o non supportati da evidenze sufficienti nella PHN.
Numerosi studi sono stati condotti anche su altri farmaci. Una forma chimicamente modificata della dinorfina A, un peptide oppioide che dovrebbe prolungare la durata d’azione di questa dinorfina, è risultata superiore al placebo in pazienti con PHN ma soltanto per le prime 8 ore.
Raccomandazioni cliniche
Le varie linee guida concordano nello stabilire l’efficacia per gli antidepressivi triciclici, il gabapebtin, pregabalin e gli oppiodi (livello A, trials di I classe).
Limitata efficacia o minore forza di evidenza presentano la capsaicina, il tramadolo, la lidocaina topica ed il valproato (livello B). Il trattamento con lidocaina topica può essere preferito nell’età avanzata, in particolare in soggetti con allodinia e piccola area di dolore.
Cautela viene suggerita circa l’impiego dei TCAs negli anziani, in virtù dell’ampio profilo farmacodinamico, responsabile di tutta una vasta - ed oramai nota - serie di eventi avversi. Uno studio epidemiologico condotto nel 2004 pone l’accento su una possibile correlazione tra uso dei triciclici e morte improvvisa [9]. Di conseguenza, una indagine condotta su 1700 pazienti con neuropatia dolorosa ravvisa, quale atteggiamento comune, la tendenza a sottodosare i triciclici negli anziani per paura degli eventi avversi, con ripercussioni negative sull’esito terapeutico [10].
In un confronto pregabalin-gabapentin, sulla scorta dei risultati della EBM, i due farmaci vanno considerati simili in termini di efficacia e tollerabilità - ed oltremodo anche riguardo al meccanismo di azione. Ma quale dei due preferire?
Gabapentin possiede un profilo farmacocinetico non lineare ed altamente variabile da soggetto a soggetto, per cui ha un comportamento poco prevedibile: deve essere titolato in modo lento e personalizzato, partendo da dosi iniziali di 300 mg/die (anche meno nei pazienti anziani); talora, gli effetti possono manifestarsi gia con 900 mg/die, mentre in altri casi è necessario arrivare a 3600 mg/die, e ciò significa dover aspettare molto tempo, prima di vedere se vi è risposta o no alla terapia. Pregabalin ha invece un profilo farmacocinetico lineare, che rende significativi sia la dose suggerita (300 mg/die) sia gli incrementi di dosaggio ed i risultati sono molto più prevedibili. Inoltre, l’inizio dell’azione analgesica di pregabalin è piu rapido ed è possibile osservare differenze significative rispetto al placebo già dopo meno di una settimana [8, 11].
Per quanto riguarda invece gli oppiodi, nonostante la stabilita efficacia, essi vengono consigliati dal’EFNS come trattamento di seconda linea, quando altre terapie ragionevoli hanno fallito. E ciò per due motivi fondamentali: non incidono favorevolmente sulla qualità della vita; determinano lo sviluppo, nel lungo termine, di tolleranza e dipendenza. L’uso del metadone – sempre più utilizzato per il controllo del dolore neuropatico – sta determinando negli USA un numero allarmante di decessi per sovradosaggio [12].
Comunque, pur tenendo in considerazione quanto enunciato dalle linee guida europee, si può ritenere che l’ossicodone e il tramadolo possono rappresentare il giusto compromesso tra efficacia e sicurezza [11].
Terapia di combinazione
Gli studi evidence-based sul dolore indicano che nelle neuropatie dolorose, indipendentemente dal tipo di trattamento farmacologico, con la monoterapia viene trattato con successo solo il 30-40 % dei pazienti, per cui diventa talora necessario ricorrere al trattamento combinato. Sono a tutt’oggi ancora pochi gli studi clinici controllati conformi ai requisiti della EBM, per cui la scelta è fondamentalmente empirica, basandosi sull’utilizzo preferenziale di farmaci con meccanismi d’azione complementari. I risultati di alcuni studi preclinici incoraggiano un’associazione di antidepressivi-oppioidi-pregabalin/gabapentin in virtù di una loro interazione sinergica positiva [11].
In conclusione
Bisogna considerare l’estrema utilità della conoscenza di linee guida sottoposte alle regole dell’EBM, in quanto, fornendoci importanti informazioni circa l’efficacia sulle varie classi di farmaci, rappresentano uno strumento utile a filtrare informazioni altrimenti incontrollate e a superare l’istintiva tendenza a confidare in un empirismo spesso basato su pochi casi esemplari e quindi fortemente soggetto alla casualità. Va altresì ribadita l’insufficienza delle stesse linee guida a dettare le scelte cliniche: nella pratica clinica, nella scelta del trattamento individuale è necessario prendere in considerazione altri fattori, quali ad esempio i rischi in cui si può incorrere quando si usano determinati farmaci (es. cardiaco per i TCAs, tolleranza/dipendenza nel trattamento a lungo termine con gli oppioidi forti).
Inoltre, giacchè la monoterapia si mostra efficace soltanto nel 30-40 % dei pazienti, il ricorso alla politerapia si rende necessario pur mancando al proposito indicazioni pratiche, in virtù del fatto che gli studi controllati sulla politerapia sono ancora largamente insufficienti. Purtuttavia, qualche autore di comprovata esperienza suggerisce quale farmaco e quale dosaggio preferire per ciascuna delle classi farmacologiche più efficaci: ossicodone 40 mg, norpriptilina 75 mg, pregabalin 300 mg [11].
Purtuttavia, al di là del bagaglio culturale e terapeutico di cui si dispone, fondamentale è la conoscenza profonda del paziente e, nella fattispecie, delle ripercussioni del dolore sulla sua qualità di vita: lo stabilirsi – attraverso una valida concordance - di una efficace relazione terapeutica renderà ragione della possibilità di trasformare l’esperienza devastante del dolore in un “brutto ricordo”.
REFERENZE
[1]. Dubinsky R.M, Gabbani H., El-Chami, Boutwell C., Ali H.. Practice parameter: Treatment of posthepetic nevralgia. An evidence-based report of the Quality Standards Subcommittee of the American Academy of Neurology. Neurology 2004; 63: 959-965
[2] De Moragas JM, Kierland RR. The outcome of patients with herpes zoster. Arch Dermat 1957; 75:193-196
[3] Watson PN, Evans RJ. Postherpetic neuvalgia. A review: Arch Neurol 1986; 43:863-840
[4] Wood MJ, Kay R, Dworkin RH, Soong SJ, Whitley RJ. Oral acyclovir therapy accelerates pain resolution in patients with herpes zoster: a meta-analysis of placebo-controlled trials. Clin Infect Dis 1996; 22: 341-347.
[5] Whitley RJ, Weiss H, Gnann JW Jr, Tyring S, Mertz GJ, Pappas PG, et al. Acyclovir with and without prednisone for the treatment of herpes zoster. A randomized, placebo-controlled trial. Ann Intern Med 1996;125: 376-383
[6] Jackson JL, Gibbons R, Meyer G, Inouye L. The effect of treating herpes zoster with oral acyclovir in preventing postherpetic neuralgia. A meta-analysis. Arch Intern Med 1997; 157: 909-912
[7] Cruccu G, Gargiulo C, Marchettini P, Morcellini M, Raffaeli W, Romano CL, Sabato a, Zucco F. Capire e trattare il dolore e le sue comorbidita. Medica Ed Diff Scient, 2006
[8] Attal N, Cruccu G, Haanpaa M, Hansson P, Jensen TS, Nurmikko T, Sampaio C, Sindrup S, Wiffen P. EFNS guidelines on pharmacological treatment of neuropathic pain. European Journal of Neurology 2006, 13: 1153-1169
[9] Ray WA, Meredith S, Thapa PB, et al. Cyclic antidepressants and the risk of sudden cardiac death. Clin Pharm Ther 2004; 74: 234-241
[10] Berger A, Dukes EM, Edelsberg J, et al. Use of tryciclic antidepressants in older patients with painful neuropathies. Eur J Clin Pharmacol 2006; 62:757-764
[11] Cruccu G. Treatment of painful neuropathy. Current Opinion in Neurology 2007, 20:531-535
[12] Terpening CM, Johnson WM. Methadone as an analgesic: a review of the risks and benefits. W V Med J 2007; 103:14-18
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