ALLA RICERCA DELL’ANIMA PERSA
SEARCHING FOR THE LOST SOUL
E se fosse il Corpo a fluttuare nell’Anima?
Un percorso di confine contro l’errore di Cartesio.
In questo iter fra letteratura, antropologia e psicoanalisi
abitano le domande sull’infinita grandezza dell’Anima
F. Salerno, Docente di linguaggio giornalistico - Università di Salerno
fsalerno2@alice.it
L’anima fluttuante. Il dibattito sull’Anima sembra non appartenere alla nostra epoca, tecnologica e laica, che -si pensa- ha chiuso nel cassetto dell’oblio questa parte, nobile e sfuggente, aerea e diafana della nostra persona. Eppure, come un fiume carsico, che ora riemerge alla luce, ora si inabissa per entro sotterranei meandri, esso si ripresenta, si impone, si configura come un dilemma assiale dell’umana esistenza. Che vogliamo ripercorrere nella sua travagliata, eppure affascinante, storia.
Per immetterci in questo percorso, preferiamo non partire dall’inizio, ma dalla fine. E, cioè, da una delle ultime ipotesi sull’anima: quella dell’Ulysses di James Joyce. Uno dei passi più spiazzanti, infatti, di questo romanzo-canone della letteratura del Novecento presenta Stephen Dedalus, mentre, silenzioso sulla spiaggia della baia di Dublino, medita sui confini dell'anima. Fin dove essa si estende? -si chiede, egli, nel magma del flusso della sua coscienza- Forse, fino alla più lontana stella che si staglia all'orizzonte.
La tesi è sorprendente: l'anima, dunque, non è imprigionata dentro il corpo, come hanno ritenuto molti filosofi -da Platone a Cartesio- ma è il corpo, il nostro corpo, che vaga nel “flusso” infinito dell'Anima.
L’anima-corpo, dai Greci a Dante. L’azione del “fluttuare” ben si addice all’etimologia del termine anima, che deriva dal greco ànemos («vento»). È solo con Socrate, e con il suo discepolo Platone, che sarà utilizzato il termine psyché (anima) per designare il mondo interiore dell'uomo. Entrambe le parole, a ribadire il connubio anima-corpo, affondano le radici semantiche in qualcosa di “sensorialmente percepibile”: il vento e il soffio, che è suggerito dalle due consonanti “ps” di psyché. Ma bisogna aspettare Aristotele che intende l'anima come entelechia, cioè forma e principio di vita che anima e governa il corpo. Da questo grande filosofo greco nasce una prima scuola di pensiero: la compattezza dell’anima e il forte legame con il corpo.
Ne è campione indiscusso Dante con la sua Divina Commedia. Egli canta un Viaggio, che più volte ribadisce di aver compiuto in anima e corpo nei tre regni dell’Aldilà. Il corpo, per lui, è intimamente legato all’anima: con il corpo si pecca, con il corpo ci si salva.
Il corpo, per l’Autore del Poema sacro, è sacro come l’anima. Perciò lo scomunicato Manfredi, il cui corpo è stato straziato nella battaglia di Benevento dalle truppe angioine, viene immaginato dal Poeta come quello di una persona pentita all’ultimo istante; e le piaghe del corpo di questo re, scomunicato dalla Chiesa, ricordano quelle di Cristo. Tutte le anime nell’Aldilà, perciò, gioiscono con il corpo e soffrono con il corpo.
L’anima e l’animale. Da Dante parte anche l’uso dilatato del termine “animale”: per il Poeta, tale parola significa “essere dotato di anima” (così egli si fa chiamare da Francesca nel V canto dell’Inferno). E gli animali stessi finiscono per diventare “esseri dotati di anima”. La Chiesa accetta questa tesi in una accezione negativa e in una positiva. La prima è evidente in un emblematico episodio avvenuto nel 1500: le gerarchie ecclesiastiche intentano un processo dinanzi all’Inquisizione contro degli scarafaggi volanti (i “moruli”), che hanno invaso le campagne di Nola (Na) e li scomunicano come responsabili di ingenti danni e di rovinose carestie. Dopo la condanna -assicurano autorevoli fonti storiche- questi animali terribili scompaiono per sempre.
La valutazione positiva degli animali si afferma, invece, in molti riti sacro-folklorici. Ne citiamo due. Il primo è la festa della Madonna delle galline a Pagani (Sa), alla cui statua restano attaccati, nonostante botti e danze frenetiche, questi domestici pennuti, che si configurano come “psicopompi”, cioè “accompagnatori delle anime nell’Aldilà”.
Il secondo è quello della festa della Madonna di Pianoro (Bo), nel cui Santuario si radunano l’8 settembre di ogni anno tutte le formiche volanti del mondo, le cui femmine si accoppiano con i maschi, i quali muoiono. I resti di questi animali sembrerebbero avere una potente virtù terapeutica soprattutto come analgesici.
Anche la cultura laica e politica esalta il lato ferino dell’uomo: Machiavelli sostiene che il consigliere del Principe deve essere come il “Centauro”, bestia umanizzata e, dunque, dotata di anima.
La perdita dell’Anima da Cavalcanti a Otto Rank. La seconda scuola di pensiero sull’Anima riguarda la sua dissociazione o perdita. Il testo letterario più struggente in questo versante è Perch’io no’ spero di tornar giammai di Guido Cavalcanti, mandato in esilio da Firenze. In questa lirica egli si rivolge alla sua poesia, chiedendole di andare dalla sua donna e descriverle la sua sofferenza.
Egli vede uscire dal corpo le sue facoltà, che chiama “spiriti”: la lingua, il cuore, la memoria, l’anima. Egli, che è un non credente, crede che questi “spiriti” sopravvivano a lui.
Questa dissociazione ritornerà poi nel capolavoro di un grande psicoanalista, Otto Rank, Il Doppio (Das Doppelgänger), pubblicato nel 1914 sulla rivista Imago. Egli scopre una figura inquietante: il Doppio, manifestato nelle immagini del Sosia e dell’Ombra, che incarnano tutte le pulsioni disdicevoli di Eros e Thanatos. L’eros nel Doppio è di tipo narcisistico (Narciso, innamorato del suo Doppio, è vittima di Eros-Thanatos) e anche la morte è rivolta contro se stesso.
Molte e sconvolgenti sono le testimonianze sul Doppelgänger. Ci limitiamo a riferirne due. Plutarco scrive che Marco Giunio Bruto, uno degli assassini di Cesare, alle tre di notte, prima della decisiva Battaglia di Filippi, vide lo spettro di Cesare, che Plutarco definisce "un fantasma". Ma questi, apparendo a Bruto, si presenta a sua volta come il suo “cattivo demone”, pronunciando la famosa frase: “Ci rivedremo a Filippi".
John Donne, poeta inglese del XVII sec., invece, avrebbe incontrato a Parigi il Doppelgänger della moglie, che gli avrebbe preannunciato la morte della loro figlia non ancora nata. Vere o dubbie che siano queste testimonianze, a noi interessa che l’Inconscio dell’Anima si accampa fuori di noi, come il perturbante (Das Unheimliche) freudiano: l’anima avvolge il corpo e il corpo fluttua nell’anima, vista come immensa realtà sfuggente.
L’Universo fluttuante e l’Anima del Mondo. Il tema della “fluttuazione” è stata recentemente ripresa da un autorevole fisico, Mario Novello, che, nel suo saggio Qualcosa anziché nulla (2011), suggerisce che "tutto ciò che esiste" (spazio, tempo, materia, energia) è interpretabile dalla cosmologia come fluttuazione del vuoto. Del resto, già un grande astronomo, Edwin P. Hubble, aveva introdotto nella scienza il concetto di universo in espansione. Questa accelerazione dell’universo è oggi spiegata con l’esistenza di una sostanza, che lato sensu viene chiamata “energia oscura”, per ora non definibile. Oggi gli scienziati ipotizzano l’unità della materia nell’universo, per cui gli uomini stessi sarebbero “i resti mortali di una stella”. Questa enorme fluttuazione, ci chiediamo, è quella dell’Anima del Mondo? Come si vede, siamo tornati alla domanda iniziale di Joyce. Quando saremo in grado di rispondere, saremo entrati nelle trame segrete del Cosmo attraverso immateriali cunicoli, bui e solitari. Del resto, noi uomini, la cui anima non è affatto “perduta” (ma solo momentaneamente persa), siamo «tenebra che splende nella luce».
Bibliografia essenziale
Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, canto XXV
Guido Cavalcanti, Poesie, Carocci, 2011
Sigmund Freud, Il perturbante, Bompiani, 2002
James Joyce, Ulysses, Oscar Mondadori, 2000
Carl Gustav Jung, L'Io e l'inconscio (1916- 28),ed. it. Bollati Boringhieri, 1977
Mario Novello, Qualcosa anziché nulla, Einaudi, 2011
Platone, Timeo (testo greco a fronte), Rizzoli, 2003
Plutarco, Sulla procreazione dell'anima nel Timeo, in Moralia
Otto Rank, Il Doppio (Das Doppelgänger), 1914, ed. it. Sugarco, 1994