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CASTEL DELL'OVO



Sull’isola di Megaride sorge il più antico dei castelli napoletani, Castel dell’Ovo.
Sull’origine del curioso nome “Castel dell’Ovo” ci sono pareri discordi. La spiegazione razionale riconduce alla forma della fortezza. Secondo la credenza popolare, invece, il nome deriva da un uovo incantato, collocato in un luogo segreto del castello dal poeta latino Virgilio, al quale le leggende medievali attribuiscono poteri sovrannaturali. Il poeta avrebbe riposto, nella camera più nascosta del castello, un’ampolla con dentro una preziosa composizione metallica, probabilmente a forma d’uovo, alla quale era legata la sorte dell’edificio e dell’intera città: finché l’uovo non si fosse rotto, entrambi sarebbero stati protetti da ogni calamità.
Dopo aver subìto alcune sconfitte militari, i napoletani andarono a guardare l’ampolla, rinvenendovi delle lesioni che avvalorarono il suo antico potere oracolare e protettivo. Fu poi la regina Giovanna, in epoca angioina, a far restaurare l’ampolla che nel corso degli anni andò distrutta.

Al di  là degli elementi leggendari che hanno sempre connotato questi luoghi da epoca antichissima, sappiamo che  nel I sec d.C. l’isolotto di Megaride e il monte Echia appartengono al generale Lucio Licinio Lucullo, che qui costruisce la sua splendida villa, detta Castrum Lucullanum, la cui estensione reale è ancora oggetto di discussione: le dimensioni dovevano essere imponenti, dal mare al monte Echia, all’attuale piazza del Plebiscito e oltre, dato che anche le strutture romane riportate alla luce sotto Castel Nuovo e Palazzo Reale forse potrebbero essere di pertinenza della ricca dimora, che quindi si estendeva fino al porto commerciale della Napoli romana, “riscoperto” dai recenti ritrovamenti (tra cui una nave da trasporto) venuti alla luce nel corso dei lavori per la metropolitana in Piazza Municipio.

In seguito, nel V secolo, una comunità di monaci vi fondò il cenobio di San Salvatore, di cui sopravvive l’antica chiesa.
Il primo nucleo del castello attuale risale al IX secolo. Con i normanni, gli svevi, gli angioini e gli aragonesi, la cittadella fortificata subì continue trasformazioni per adeguare la struttura difensiva alle mutate esigenze dei tempi.

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L’aspetto odierno del castello si deve agli interventi successivi al 1503, anno in cui la fortificazione fu quasi distrutta nell’assedio di Ferdinando il Cattolico. La suggestione del luogo è straordinaria: la fortezza-cittadella offre, inquadrati dalle architetture antiche, squarci panoramici indimenticabili sul golfo. E la sua mole possente, in occasione di feste, si delinea sullo sfondo del mare, esaltata dalle luminarie e dai fuochi pirotecnici, oggi per i “fuochi a mare” dell’ultimo dell’anno, in antico per eventi come la salita al trono di nuovi sovrani. Nel 1555 per rendere omaggio allo spagnolo Filippo II, il viceré napoletano ordina l’illuminazione a giorno di Castel dell’Ovo per tre notti consecutive.

Da allora cominciò per la fortezza un periodo di decadenza, finché, nel 1975, un programma di restauro ha infine restituito Castel dell’Ovo alla città.
All’interno del castello è sistemato il Museo di Etnopreistoria, che raccoglie reperti di industrie umane provenienti da diverse aree del mondo, esposte secondo un iter cronologico che va da 700.000 a 3000 anni fa.

 

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