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Una riflessione critica sui paesaggi marini di Courbet,
icona del Meeting “Il Mediterraneo Rivelato”

Ecco a voi l’Immenso e l’Eterno


Anche se la notorietà di Courbet presso il grande pubblico è sicuramente legata al dipinto “L’origine del mondo” (fig.1), in cui il pittore, con stile realista, ritrae in primo piano i genitali femminili,



Fig. 1, L’origine del mondo, 1866

degnissimi di ammirazione sono i  suoi  Paesaggi di  mare: essi hanno incontrato il successo sin dalla prima volta in mostra, nel 1865 e per la loro peculiarità - di  tecnica,  stile e significati - meritano alcune riflessioni, che hanno giustificato la scelta ad icona del Meeting “Il Mediterraneo Rivelato”.
I Paysages de mer di Courbet sono distinguibili in due gruppi:  le Marine  tipicamente ritraenti un mare “libero”, alla bassa marea, sovrastato da cieli su cui drammaticamente incombono vortici di nubi (fig. 2); le Onde, pura espressione di oceanica potenza e forza (fig. 3).


Fig. 2, Marina............................................... Fig.3, L’onda

Champfleury nel descrivere Le marine di Courbet afferma: “Niente se non il dramma dell’immensità… Chi, fra i maestri moderni, ha saputo dare un’idea più poetica delle spiagge deserte, del mare, dello spettacolo delle nuvole, senza sorprese né falso pittoresco? ”

Un antesignano
Nel 1882, Castagnary scrive: “Prima di Courbet, i pittori di marina si concentravano su navi e imbarcazioni; non avevano che fare prettamente con il mare e il cielo”.
Analizzando i paesaggi marini del pittore, Hélène Toussaint fa notare che “i suoi quadri hanno introdotto un’innovazione reale; di appartenenza, entro la storia della pittura, al futuro piuttosto che al passato”.
Nella gradazione tonale delle immagini, e nella cura per le composizioni, Courbet esprime un senso del sublime che ricorda le opere di artisti come il romantico tedesco Caspar David Friedrich. Tuttavia, le sue opere non ripropongono la furia e l’impeto del mare descritti da pittori romantici come Turner. In una lettera a Hugo del 1864, Courbet scrive: “io voglio vedere lo spettacolo del mare, non ho intenzione di rappresentare la nostra battaglia con il mare, la lotta contro la natura”. Le sue immagini descrivono uno stato successivo alla battaglia, come Friedrich, ma a differenza dell’artista tedesco, che scorge nell’immensa distesa d’acqua il riflesso di Dio, in Courbet l’umano e il mare sono faccia a faccia sullo stesso piano: non vi è timore mistico ma ammirazione reciproca, da pari a pari.

Al di là del mare
Courbet va al di là del pittoresco, non mostra  un luogo particolare, facile da riconoscere: il luogo in sé non è poi così importante rispetto agli effetti pittorici da conseguire. In tal modo l’artista si affranca dalla mera riproduzione della realtà, progettando un luogo irreale che appare comunque verosimile, attraverso il ricorso a vari artifici tecnici, quali l’uso della spatola, stracci, coltelli, financo le dita delle mani.
Le sue immagini vanno al di là del realismo: costituiscono la rappresentazione archetipica del mare, la più accurata possibile.
Nei paesaggi di Courbet, nessun indizio è dato sulla spiaggia o sul porto dipinto. Quando creò il suo primo paesaggio della Normandia a Trouville, non mostrò nulla della vita sociale locale. Come il critico Georges Riat ha scritto: “per lo più le marine di Courbet sono vuote…  Egli non è tra quei pittori "marinisti"  che cercano di riprodurrele scene di vita sociale, come ha fatto il suo amico Boudin” (fig. 4) .

Fig. 4, Spiaggia a Trouville, Eugène Boudin (1824-1898)

Quando Courbet  realizza la sua serie Wave nel 1869, egli rompe con una rappresentazione realistica del mare: nel riprodurlo frontalmente, configura un corpo quasi non più composto da acqua, ma “ruvido”, dalle caratteristiche solide, con una densità quasi tellurica che si avvicina ai promontori di Ornans, a lui tanto familiari (fig. 5).

Fig. 5, l’Onda

Il dipinto “L’onda” (fig. 5) fu al centro dell’attenzione al Salon di Parigi del 1870. In una raffigurazione di un mare tempestoso, inquadrato in un primo piano ravvicinatissimo che non dà respiro allo spettatore, una tromba marina sulla costa è connotata da una densità materica impressionante, dovuta ad un uso massiccio della spatola per applicare il colore direttamente sulla tela..
Il pittore compone il quadro in tre fasce orizzontali: la spiaggia, dove giacciono due barche, le onde, dipinte in una scala di verde scuro rischiarata dal bianco della schiuma, e il cielo basso.
Qui Gustave offre una visione intensa del mare tempestoso, tormentato e sofferente, con tutte le forze della natura selvaggia all’opera.
 “La sua marea arriva dalla profondità del tempo” commenta Paul Cèzanne. Applicando colore denso con un coltello da cucina, Courbet riesce a realizzare un’ immagine dell’eternità.

I parallelismi con l’arte della Fotografia
Tale rappresentazione potrebbe essere stata ispirata proprio dall’interesse verso la nascente “Arte della Fotografia”, anch’essa protesa alla rappresentazione del mare: una sfida realista alla pittura, che trova in Gustave Le Gray (1820-1884) uno degli esponenti di spicco (fig 6).


Fig. 6, Marina, Foto d’arte di Gustave Le Gray

Se nessun luogo preciso potrebbe essere riconosciuto in paesaggi marini dell’artista, anche il momento della giornata non può essere valutato senza difficoltà. Se l’effetto “chiaro di luna” di alcune fotografie grigie è stato ottenuto non con il chiaroscuro della notte, ma con la luce del sole, è interessante notare che, quando Aaron Scharf, storico dell’Arte,  mise a confronto due opere di Le Gray e Courbet, lo fece utilizzando una marina al chiaro di luna di Courbet e di una foto diurna di Le Gray.
Il successo commerciale delle marine di Courbet ha spesso destato sospetti tra gli storici dell’arte. Alcuni le considerarono solo opere realizzate per attirare più clienti ma non erano semplici prodotti commerciali. Courbet presentò più di dieci marine di Trouville alla sua mostra personale del 1867. Nel 1870, inoltre, ne mandò due al Salon dimostrando così come fossero importanti per lui.
Il critico Théophile Thoré lodò i quadri di Courbet quando furono esposti nel 1865-1866: “Egli è affascinato dal mare, si dimentica Parigi e Ornans. Mattina dopo mattina, mare e cielo non sono mai uguali. Egli fa ogni giorno uno studio di ciò che vede, ‘des paysages de mer’, come egli stesso dice. Ha portato indietro quasi 40 di loro, tutti di straordinaria importanza e di eccelsa qualità”.
Pochi anni più tardi, dopo la morte solitaria di Courbet, Castagnary ha scritto nella sua prefazione al catalogo della mostra del pittore, alla  École des Beaux-Arts, del 1882: “Il mare gli ha dato molti trionfi…Gioca con il coltello con abilità sorprendente tra le nuvole, la pioggia battente, i raggi del sole e tutti i mutamenti atmosferici”.

L’infinito e l’eterno in una forma visivamente tangibile
L’ammirazione per i paesaggi marini di Courbet  continua ancora oggi.
Le parole poetiche di Riat risuonano attualissime: “La solitudine del ‘paysages de mer’ dà loro un senso di terrore e di tranquillità, ottenuto attraverso mezzi molto semplici”.
Come ha scritto Castagnary, le marine di Courbet mostrano “un occhio di straordinaria profondità”. Egli ha inventato un nuovo soggetto, in cui l’osservazione attenta della realtà trascendente è fatta con grande abilità e vasta conoscenza della rappresentazione pittorica tradizionale. Attraverso una padronanza tecnica che si avvale dell’uso di pennellate forte, Courbet ha saputo comporre convincenti immagini di paesaggi irreali, rendendo visivamente “tangibili” i grandi temi dell’infinito e dell’eterno.

 

 


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