Nella linfa dei limoni si cela il sapore del Mediterraneo
Il Limoncello, un gusto superbo del Mare Nostrum
“E poscia per lo ciel, di lume in lume
ho io appreso quel che s’io ridico,
a molti fia sapor di forte agrume”
Così Dante Alighieri nella Divina Commedia (Paradiso, Canto XVII, vv. 115-117) associa la sua satira aspra al “forte agrume”. L’albero del limone fiorisce e fruttifica tutto l’anno. Il frutto d’oro, dal dolce profumo, è succoso e genuino ed è ricco di proprietà curative.
Gli si attribuisce una valenza salvifica, grazie al suo colore giallo che richiama la luce dei raggi del sole che ne favoriscono la crescita. E’ spesso associato all’essenza femminile e lunare ed è considerato simbolo della fedeltà amorosa e della fertilità.
L’agrume (le origini del nome derivano dal persiano Limu), scoperto allo stato spontaneo in Estremo Oriente, in particolare in India e Cina, fu ben presto conosciuto anche nelle civiltà mesopotamiche per le sue proprietà antisettiche, antireumatiche e tonificanti. Ritenuto sacro nei paesi islamici, veniva impiegato come antidoto contro i veleni, come astringente contro le forme dissenteriche ed emorragiche e per tenere lontano il demonio dalle case. Gli antichi egizi lo utilizzavano per imbalsamare le mummie. I Greci lo importavano dalla Media e lo utilizzavano a scopo ornamentale, per profumare la biancheria e difenderla dalle tarme.
Teofrasto, l’allievo di Aristotele, considerato il fondatore della fitoterapia, indica, nei suoi trattati, l’impiego del limone a scopo terapeutico. Gli Ellenici coltivavano gli alberi di limone vicino agli ulivi per preservare questi ultimi da attacchi parassitari. Plinio nelle sue opere prescrisse il limone come antidoto verso diversi veleni. Si riteneva che gli antichi Romani non conoscessero il frutto, ma nel 1951, durante gli scavi effettuati a Pompei (distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.), venne alla luce una casa, denominata la “Casa del frutteto”, con degli affreschi alle pareti che ritraggono varie piante tra cui, appunto, il limone. Pertanto si può dedurre che il limone fosse presente in Campania nel primo secolo dopo Cristo.
Si presuppone che l’imperatore Nerone ne fosse un assiduo consumatore, intimorito dal presentimento di un suo possibile avvelenamento. In Occidente il limone si diffuse intorno all’anno 1000 grazie agli Arabi che lo portarono in Sicilia. La prima descrizione del limone, introdotto dall’India due secoli prima, apparve infatti in scritti arabi del dodicesimo secolo.
In Europa la prima coltivazione di limoni si registra a Genova intorno alla metà del quindicesimo secolo. Nel 1494 i limoni comparvero nelle Azzorre, mentre in America il limone e gli altri agrumi furono portati dagli Spagnoli e dai missionari dopo la scoperta di Cristoforo Colombo.
Nel XV secolo si scoprì inoltre che il succo di limone preveniva e curava lo scorbuto, malattia diffusa tra i marinai imbarcati, che si nutrivano per lunghi periodi solo con farine e cibi conservati e quindi alimenti privi di vitamina C (acido ascorbico). Ciò spiega il motivo per cui si iniziò ad utilizzare i limoni in grande quantità a bordo delle navi. Fu tramite i viaggi per mare che il frutto venne introdotto anche nei paesi del Nord Europa. Le navi che arrivavano nel Mediterraneo si rifornivano di limoni, pagandoli con merci pregiate o addirittura in oro. I frutti acquistati venivano rivenduti a prezzi altissimi nei paesi del Nord, dove il limone era considerato un prodotto di lusso, utilizzato a scopo ornamentale e terapeutico. Solamente nel XVIII secolo il limone cominciò ad essere usato in cucina per aromatizzare cibi e bevande.
L’albero dai pomi aurei si arricchisce di una veste mitologica.
Gea, la dea Terra, per omaggiare l’unione tra Era e Zeus produsse degli alberi dai Pomi d’oro, simbolo di fecondità e amore. Giove, timoroso di perdere questo tesoro prezioso, decise di custodirli in un giardino, sorvegliato dalle Esperidi, le Ninfe della Notte. Eracle, per volere di Euristeo, dal quale avrebbe ottenuto l’immortalità, ebbe il comando di sottrarre questi prelibati pomi.
A questo punto le versioni sono due: Apollodoro racconta che Eracle, consapevole del desiderio del padre delle Esperidi di cogliere i pomi, gli tramò un tranello, offrendosi disponibile al suo posto a reggere il cielo. Atlante rubò i pomi ed Eracle, con il pretesto di prendere un cuscino da porre sulle spalle, lo richiamò a reggere il peso celeste. Atlante, inconsapevole del perfido giogo, acconsentì, posò i pomi per terra e recuperò l’ingente volta, mentre l’eroe si impossessava dei pomi, consegnandogli ad Euristeo. Un’altra versione del mito vuole, per volere di Era, un serpente a cento teste, figlio di Forco e Ceta, come custode dei frutti pregiati. Eracle, per impadronirsi dei frutti dorati, uccise il serpente. Era, afflitta e disperata, per rendere omaggio all’essere tanto crudelmente oltraggiato, decise di trasformarlo in costellazione: la costellazione del Serpente.
I pomi vennero restituiti da Euristeo alla moglie di Zeus e le Esperidi, amareggiate per aver perso i frutti di cui erano gelosamente custodi, si trasformarono ciascuna in un albero, simbolo di tristezza: pioppo nero, salice e olmo.
Dal pomo d’oro nasce la prelibatezza del limoncello
Un liquore sano e genuino ma prelibato, dal sapore delicato ma schietto, preparato con abili mani, dal sapore squisito pronto a soddisfare uno dei più ambiziosi palati.
La sua paternità viene rivendicata dalla bella Sorrento, Amalfi e Capri, ma certo non manca nelle nostre case del Salento questa tradizione. Qualcuno sostiene che il limoncello veniva utilizzato dai pescatori e dai contadini al mattino per combattere il freddo, già ai tempi dell’invasione dei saraceni. Altri invece ritengono che la ricetta sia nata tra le austere mura di un convento monastico per deliziare i frati tra un’orazione ed un’altra. La buccia gialla ma ancora un po’ verde, la sensazione rugosa al tatto del limone sono gli indispensabili prerequisiti per la buona riuscita di questo liquore. Il limone non deve essere trattato nè con antiparassitari nè con fertilizzanti chimici. La preparazione è semplice: se osservata alla lettera, in poco meno di tre mesi, il tradizionale liquore giallo sarà pronto ad essere gustato come aperitivo o digestivo, prima o dopo i pasti.
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