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Egon Schiele come San Sebastiano: la storia del geniale artista viennese



Il bello della sofferenza: quando la passio si fa arte

di Mimmo Cassano

.........................................................Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante
............................................................................................................Friedrich Nietzsche

 

Votato al dolore…e all’arte
Egon Schiele nasce il 12 gennaio 1890 a Tulin, una cittadina sul Danubio che dista pochi chilometri da Vienna. La sua vita è segnata da diversi eventi luttuosi. Ancora piccolo, rimane orfano del padre, capostazione, sofferente di una grave forma di depressione. All’età di quindici anni perde anche la madre. Costei, sposatasi alla giovane età di diciassette anni, aveva contratto dal marito la sifilide e praticato diversi aborti. Una sorellina di dieci anni era morta  per le conseguenze della lue congenita. Nei ritratti di bambini raffigurati dall’artista  è possibile rilevare alcuni segni classici della eredo-lue (naso a sella, bozze frontali prominenti, micrognatia). Del ragazzo,  rimasto solo, si prenderà cura lo zio paterno Leopold.
Già a otto anni, Egon mostra grande passione e  spiccata  versatilità per il disegno. Dovrà affrontare non poche conflittualità con lo zio per poter abbandonare gli studi convenzionali ed iscriversi all’Accademia viennese di Belle Arti. Incomprensioni e scontri non tarderanno a venire anche in questo ambiente, ostile ad ogni innovazione: Egon lascia l’Accademia insieme ad un gruppo di colleghi dissidenti, per fondare il  “Gruppo dell’Arte Nuova” (Neukunstgruppe).
Nel 1898, incontra Klimt che aveva dato vita ad un  movimento innovativo,   cosiddetto della “Secessione” che riconosceva all’arte un ruolo di forza propulsiva nonchè di denuncia della realtà e liberazione dal moralismo dominante.
Klimt intuisce il talento del giovane artista, tanto da  esprimergli profondo apprezzamento:  “Lei disegna meglio di me” gli proferirà un giorno! In realtà, l’arte di Schiele - quanto a modi e stile -  è più vicina agli Espressionisti che alla Secessione viennese.

Artista incompreso
L’intenso percorso artistico del Nostro sarà costellato da non poche sconfitte. In quelle immagini, in bilico tra tensione erotica e angoscia esistenziale, pochi individuano il tratto del genio; c’è chi, al contrario,  intravede in esse il prodotto di una mente malata o perversa.
Emblematici, al proposito, appaiono vari eventi di cronaca che sarà costretto a subire nel corso della sua breve esistenza. Il primo è rappresentato dall’arresto con l’accusa di aver sedotto una quattordicenne. Trattenuto in prigione per 24 giorni, pur scagionato, verrà egualmente condannato a tre giorni di carcere duro per aver esposto alcuni dipinti considerati “illustrazioni pornografiche facilmente accessibili agli occhi degli adolescenti”.
Ancora, è costretto a lasciare la città materna di Krumau, in cui è andato a vivere in compagnia della modella Zally Neuzil,  per le proteste degli abitanti che non vedono di buon occhio le pretese dell’artista di far posare ragazzini e ragazzine nudi per i suoi dipinti.
Nonostante ciò, Schiele disegna e dipinge con fervore quasi febbrile. ll suo periodo più significativo va dal 1915 al 1918, corrispondente agli anni grigi della grande guerra, da cui l’Europa sarebbe uscita distrutta.
Sposa Edith Harms, una bella ragazza che abita di fronte al suo atelier. Insieme con Edith, incinta di tre mesi, Egon morirà all’età di 29 anni per l’epidemia di spagnola che entrambi contraggono, a distanza di tre giorni l’una dall’altro: è il 31 ottobre 1918.
Dovrà trascorre oltre mezzo secolo  prima che la sua arte venga scoperta e rivalutata.

Il teatro delle spoglie

Secondo Achille Bonito Oliva, “l’arte di Schiele si muove all’interno di una crisi che tocca i fondamenti del sapere e coinvolge tutti i livelli dell’esistenza”. I suoi disegni non si concedono alla rappresentazione di  alcuna morbosa passione per quei giovani corpi: non vi è alcunché di desiderabile agli occhi dell’osservatore. Quelli di Schiele sono corpi poveri, macilenti e avviliti; le loro esibizioni suggeriscono freddezza più che erotismo.
“Il suo è un esibizionismo infantile, il sintomo di un desiderio di presenza che soltanto un forte mettersi in mostra può preservare. Ma è un’esibizione solitaria poiché col mondo non c’è più rapporto armonico: non c’è più la prospettiva che simboleggia questo ordine e non c’è più la centralità della figura umana: tutto ormai si gioca solo in uno spazio di superficie, in un vuoto da grafica giapponese.
L’erotismo, segno di una vitalità immune da moralismi, non ha più soprassalti vitali e ripiega su se stesso, in posizioni quasi fetali. Non c’è desiderio che implicherebbe una relazione con il mondo, c’è solo la messa in posa del desiderio: il teatro delle spoglie”.

 


L’immagine di copertina: Schiele come San Sebastiano
Il 31 dicembre 1914, la Galleria Arnot, una delle più coraggiose in quegli anni a Vienna, protesa principalmente alla scoperta di artisti contemporanei, dedica all’artista una “personale” ricca di ben 16 dipinti, vari acquerelli e disegni. Per l ‘occasione, Schiele disegna anche il manifesto della mostra, in cui rappresenta se stesso in veste di San Sebastiano trafitto da frecce.
Quasi un testamento spirituale, a dirci che la sofferenza – la passio corporis et animi -  può risultare talora benefica  e che da essa la creatività può attingere linfa vitale per accedere alle sublimi, empiree dimensioni dell’eterna Arte.

 

 


 

 


 



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