Le allegre sonorità del Cimarosa in un gioiello del ‘700 napoletano
Un Maestro vanaglorioso
Maestro di Cappella è l’appellativo che nel XVII e XVIII secolo si assegnava al compositore delle musiche nonché responsabile per lo svolgimento delle funzioni religiose di una cappella annessa a Corte.
La rappresentazione dall’omonimo titolo costituisce un “intermezzo musicale”, vale a dire una composizione che nel ‘700 veniva eseguita nel corso dell’intervallo di una rappresentazione teatrale di rilievo. Il componimento aveva carattere burlesco, scherzoso, brillante, finalizzato a divertire il pubblico con un intrattenimento leggero e nel contempo colto.
Il Maestro di Cappella risale al 1794 e tratta, in sintesi, di una scena comica per solo basso-baritono, nella quale è rappresentata con ampia vivacità l’esecuzione di un’orchestra sotto la direzione di un Maestro che…si pavoneggia! In effetti, egli intende impartire una severa lezione ai suoi “allievi” strumentisti: esordisce col cantare un’aria, ma pretende fin dall’inizio di essere seguito con la massima attenzione dall’oboe, dai corni e dalle viole. Prima di tutto si rivolge ai violini: «Questo è il passo dei violini: lai, lai, lai, la, la, la…», invece intervengono improvvisamente gli oboi, poi il contrabbasso, i corni, i flauti, tutti quanti alla rinfusa, senza seguire il Maestro e men che meno la partitura. Tutto ciò non fa che incollerire il Nostro: «Cosa fate, oboe mio caro? bio, bio, bio… S’incominci ancor il passo!». Ed ancora: «Benedetto contrabbasso, cosa diavol qui si fa? Qui si manca d’attenzione, no, così, così non va!». Ad ogni modo, egli cerca di controllarsi e riprende con pazienza, dando chiare istruzioni ad ogni sezione dell’orchestra. Alla ripresa s’avverte un certo miglioramento, ma siamo ancora lontani dalle esigenze del vanaglorioso Maestro!
Dopo varie “prove” egli canterà finalmente – con esagerata artificiosità – in perfetto accordo con l’intera orchestra, l’aria alla quale tanto tiene: «Ci sposeremo fra suoni e canti, sposi brillanti pieni d’amor!». Ringrazierà quindi gli strumentisti, promettendo loro di riprovare in un secondo momento un tempo musicale diverso, un “andantino” che «un talento sopraffino non potrà giammai imitar!».