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Qualche ragguaglio sull'illustre crotoniate



Alcmeone, chi era costui

Quasi tutte le informazioni superstiti circa Alcmeone di Crotone sono state messe in discussione dagli studiosi: essi si sono chiesti se fosse un medico o un "fisiologo" ("impegnato ad indagare la natura") presocratico, se fosse un pitagorico o in relazione con i pitagorici, se il suo atteggiamento scientifico fosse da qualificare come "empirico"oppure no.
Negli ultimi decenni la revisione critica delle testimonianze e dei frammenti di Alcmeone ha determinato di fatto il superamento di tutti quegli "entusiasmi", certamente prematuri, che vorrebbero il crotoniate essere "il padre dell'anatomia, della fisiologia, dell'embriologia, della psicologia, della medicina stessa".
Si è aperta, in tal modo, sul piano metodologico, la via per una comprensione autenticamente "storica" della figura di Alcmeone.
Della sua vita conosciamo poco. Aristotele riferisce che, «Quanto all'età, Alcmeone era giovane quando Pitagora era vecchio». Tuttavia  non c’è nessuna prova certa che lo attesti.
Fonti sicure identificano Crotone come la sua patria. Ivi Alcmeone visse alla fine del sesto secolo a.C. nel contesto pitagorico; di fatto non fu un vero e proprio pitagorico, in primo luogo perché pur  elaborando, come i Pitagorici, l'idea delle coppie di principi, a differenza di essi sceglieva le coppie a caso (e i contrari per lui erano più qualitativi che quantitativi), senza ricorrere a un criterio sistematico. Anche come idee politiche pare che differisse dai Pitagorici, in quanto costoro erano aristocratici: Alcmeone fu fiero sostenitore del regime democratico. Aristotele stesso ce lo presenta come un pitagorico "confusionario" e meno rigoroso. Il Nostro effettuò interessanti considerazioni sull'uomo e fu molto interessato alla medicina (lui stesso era medico). Tra le varie sue dottrine, tre sono le più importanti:

1) Il concetto di salute e malattia, strettamente legato alla dottrina pitagorica
Per elaborare questa teoria, egli studiò accuratamente il corpo umano e lo interpretò in analogia con il funzionamento della politica; per lui, infatti, malattia e salute corrispondevano a due precise situazioni politiche. La salute corrispondeva alla democrazia (più in particolare Alcmeone parla di "isonomia", uguaglianza di leggi), mentre la malattia alla monarchia. Come nel corpo si ha la salute quando c'è un equilibrio tra gli organi, così nella politica per Alcmeone c'è la democrazia quando tutte le parti sono in equilibrio e tutte possono dire la loro. Inoltre, come nel corpo umano c'è una malattia quando un organo prevale sugli altri impedendo loro di agire, così nella politica si ha la monarchia quando prevale un individuo sugli altri e viene a rompere l'equilibrio. Sono idee antitetiche non solo rispetto ai Pitagorici, ma anche a Platone stesso. Dobbiamo poi ricordare che a quei tempi la medicina era una realtà ben differente dalla chirurgia, anzi, queste due attività erano addirittura tra loro in contrasto, basti pensare che nel giuramento dei medici di Ippocrate bisognava giurare di non far uso della chirurgia.

2) Teoria dell’ organo principale del corpo umano

Alcmeone fu il primo a dire che era il cervello l’organo principale avanzando così un'ipotesi enfalocentrica. Generalmente si era creduto che l'organo fondamentale fosse il fegato o il cuore, mentre il cervello non fu mai preso in considerazione, perchè è un organo insensibile. Alcmeone fece accurati esperimenti su animali e scoprì i nervi che collegavano il cervello ad altri organi vitali (per esempio agli occhi) e ipotizzò che svolgesse la funzione di coordinamento delle mansioni sensitive.

3) Posizione intermedia dell'uomo
Alcmeone cercò anche di individuare la posizione degli uomini e scoprì che era intermedia. La sua opera in prosa (di cui si ignora il titolo) inizia proprio con l'affermazione che gli uomini sono inferiori rispetto agli dei: "Alcmeone di Crotone, figlio di Pirito, disse questo a Brotino e a Leonte e a Batillo: delle cose invisibili e delle cose visibili soltanto gli dei hanno conoscenza certa; gli uomini possono soltanto congetturare". Dopo un'accurata presentazione di sè, egli spiega che per gli dei non ci sono barriere conoscitive e possono conoscere l'intera realtà. Gli uomini invece non riescono a scorgerla e per raggiungerla devono sforzarsi di interpretare e capire gli indizi a loro disposizione e possono comunque solo supporla. La conoscenza degli dei viene definita sapheneia e comporta un legame stretto con la chiarezza: perfino le cose invisibili non sono in realtà tali per gli dei. La conoscenza umana sta tutta nel tekmairestai, ossia nello sfruttare gli indizi per tentare di comprendere ciò che non è immediatamente carpibile con i sensi. Secondo Alcmeone, se gli uomini sono un gradino al di sotto degli dei, essi sono comunque un gradino al di sopra degli animali (da qui il fatto che l'uomo si trovi in una posizione intermedia, tema che sarà centrale nel Rinascimento neoplatonico). Sia gli uomini sia gli animali conoscono ciò che appare loro, ma gli uomini riescono a comprendere, a connettere i dati sensibili in ragionamenti; vi è proprio l'idea dello xuniemi, del comprendere visto come "prendere assieme" ossia i singoli organi devono raccogliere e connettere gli indizi. Gli uomini organizzando il loro pensiero possono raggiungere le realtà più profonde. Alcmeone era soprattutto mosso dall’esigenza di capire esattamente quale potesse essere la portata della conoscenza umana. Egli distingueva in modo marcato la conoscenza umana da quella divina, mettendo in luce fin dove quella umana potesse estendersi. Il sapere divino veniva da Alcmeone qualificato come safhneia , ovvero assoluta certezza; quello umano, dal canto suo, veniva visto come notevolmente meno chiaro. Quelle cose che per gli uomini risultano invisibili, sono, ad avviso di Alcmeone, perfettamente visibili per gli dèi: il conoscere umano procede attraverso indizi (tekmhria). Si deve, dunque, costruire il sapere a partire dai segni, così come il medico parte dai sintomi per diagnosticare la malattia. Per superare il buio, quindi, non ho bisogno di divinità che mi aiutino, ma piuttosto di tekmhria sui quali fare inferenze, passando così dalle cose certe a cose che certe non sono. Questi indizi intorno ai quali edificare la conoscenza sono essenzialmente coglibili nell’ambito delle sensazioni, cosicchè si parte da ciò che si presenta ai sensi per arrivare a ciò che ad essi non si presenta; bisogna però spiegare come funziona questo passaggio e quale è lo strumento che consente di attuare l’inferenza. Ed è qui che entrano in gioco gli animali: infatti anch’essi hanno percezioni, ma è solo l’uomo a poterle comprendere, ossia "raccogliere e connettere" ciò che proviene dai singoli organi di senso.

 



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